Con questo stato d’animo e con questa leggerezza, semplicemente per perdersi nella bellezza, sabato scorso siamo approdati alle riviere di Cannobio e di Cannero, sul Lago Maggiore. Era da tanto tempo che desideravo vedere i castelli immersi nel lago, e sono felice che presto, molto presto, saranno addirittura visitabili. Come spesso succede, tuttavia, spinta dal desiderio di vedere una cosa, ne ho trovate altre che ho amato di più, e quella prima spinta è sfumata e si è allontanata, divenendo quasi inconsistente.
Per questo viaggio in tre tappe abbiamo preferito cominciare da quella più lontana, ovvero Cannobio, dove ci siamo immersi in una passeggiata ventosa sul lungolago, esplorando poi i vicoletti del centro storico e la bella chiesa, il Santuario della SS. Pietà, con le vetrate luminose e colorate.
Il nome di Cannobio deriva semplicemente dal canneto, ovvero dalle canne che un tempo crescevano numerose vicino alle rive del lago. Adesso invece è un paesino molto ricercato, che attira turisti stranieri durante tutto l’anno. Abbiamo scelto uno dei locali che danno sul lago, il Bar Sport – che a discapito del nome è molto carino ed elegante – e abbiamo gustato una fetta di torta di mele squisita, una delle più buone mai assaggiate, accompagnata da panna montata con cannella e amaretti.
Dopo aver girovagato in assoluta tranquillità per Cannobio, ci siamo spostati poco più sopra, all’impressionante Orrido di Sant’Anna. Nonostante fosse ancora pomeriggio era già in ombra, racchiuso fra le sue protettive montagne. Davanti all’orrido passa un antico ponte medievale, costruito probabilmente nel XII secolo, e lì accanto sorge la chiesetta originariamente dedicata alla Madonna Nera di Loreto, della quale esiste un antico affresco del XVI secolo. In seguito è stata intitolata a Sant’Anna, così come l’orrido. Due madri molto antiche, la nera e la madre della madre di Dio, come a richiamare qualcosa di primigenio, qualcosa che precede l’inizio stesso del tempo. Di certo, richiama un tempo molto più antico del cristianesimo, una radice più profonda e misteriosa che si unisce al mistero dell’orrido, dei suoi anfratti rocciosi, delle sue acque sinuose e scroscianti.
Passeggiando attorno allo strapiombo, più di una volta ho provato quella sensazione di mancanza di respiro che suscitano le altezze vertiginose. Sensazioni viscerali e innate, potenti, inevitabili, che ricordano quanto noi esseri umani siamo piccoli nei confronti della natura, nonostante ci sentiamo alla sua altezza, o peggio, più grandi di essa.
Tornerò presto all’Orrido di Sant’Anna, con più luce e le fronde verdi, per scattare qualche fotografia dalla spiaggetta sottostante, raggiungibile con una comoda scalinata proprio a lato della strada. Solo in un secondo momento ho infatti ricordato quanto fossero belle le fotografie che mi era capitato di vedere, scattate dal basso verso l’alto e con la luce del primo meriggio. Una buona occasione per rivivere, e risentire, questo posto – letteralmente – mozzafiato.
Scesi dall’Orrido di Sant’Anna, abbiamo ripreso la macchina e siamo quindi arrivati alla terza tappa, la bella Cannero, dove sorgono i famosi castelli in mezzo alle acque del lago. Sono distanti dalla riviera, li si vede più che altro dalla strada che costeggia il lago, dove però non è possibile fermarsi. Per questo credo che l’unico modo per vederli bene sia da altri angolini più impervi, oppure prendendo il traghetto. Sarà sicuramente una meta molto amata, non appena sarà possibile visitarli, a partire dalla fine di giugno.
I primi passi a Cannero sono stati un pochino problematici, il vento era davvero forte e gelido, pertanto abbiamo pensato di fermarci giusto il tempo di bere un tè bollente in uno dei bar che danno sul lago. Il tè caldo però è una delle medicine più corroboranti e rincuoranti, per cui dopo aver scaldato la pancia abbiamo recuperato coraggio per affrontare la breve esplorazione del borgo, e ne sono stata immensamente felice. Perché non appena abbiamo svoltato un angolino alla fine del lungolago, seguendo la direzione del porto vecchio, mi si è aperto il cuore. Non so cosa in particolare mi abbia fatta sentire in quel modo, se sia stata semplicemente quella bellezza racchiusa e perfetta, o sensazioni molto più antiche che hanno smosso l’anima fin nel profondo. Davanti al porto vecchio ho sentito una forte nostalgia e al contempo un profondo desiderio di appartenenza, razionalmente immotivati. Una parte di me semplicemente fremeva e scalpitava e gioiva, e da lì proprio non avrebbe voluto andarsene.
Sono rimasta il più possibile, sfidando il vento freddo che increspava il lago facendolo assomigliare molto di più al mare. Ho percorso ogni anfratto di quel porticciolo, con quelle vecchie barche attraccate, le corde e le boe. Mentre ero lì, i lampioni si sono accesi, dando il benvenuto alle sfumature rosa-azzurre della sera.
Ho raggiunto il mio compagno di viaggio, che aspettava paziente e infreddolito, e abbiamo esplorato ancora una parte del borgo. Proprio a pochi passi dal porto, semi nascosto, c’era un piccolo laboratorio di ceramica. Un’altra delle cose che amo di più. Quante altre sorprese poteva rivelare questo paesino incantevole? Il laboratorio era chiuso, ma una porta laterale era aperta, e dava sul cortiletto interno dove erano esposte le creazioni della bottega. Mi è rimasta impressa soprattutto una grande radice di albero, sulla quale erano stati fissati degli uccellini di ceramica smaltata. Chissà che, tornando da quelle parti, non deciderò di adottarla.
Prima di tornare verso la macchina mi sono soffermata ancora al porto vecchio. Non sono ancora riuscita a capire cosa esattamente mi abbia trasmesso. Cosa, a distanza di giorni, continui a sussurrarmi. Come quando si fa un bel sogno, e lo si dimentica, e per tutto il giorno si cerca di ricordarlo rievocandone le sensazioni, ma quel sogno resta celato alla memoria. Forse le mie sono memorie passate, ma non potrei dirlo. So solo che ciò che ho sentito è importante, e continuerò a rievocarlo. Chissà che quella porticina, oltre la quale è nascosto il sogno, non si apra e lo riveli…
Il viaggio di ritorno è stato rilassante e molto bello. La strada che passa accanto al lago mostra scorci stupendi, e viene voglia di fermarsi ogni minuto per incantarsi davanti a quelle immagini, per respirarle e sperare, con quel respiro, di trattenerle dentro. Vivere accanto a questa bellezza è un dono riservato a pochi, e spesso non abbastanza apprezzato.
Io mi sento fortunata per il solo fatto di esserci stata, di poterci tornare, e di amarlo tanto da riuscire a sentirne un riverbero luminoso dentro. Custodito, al sicuro.
Tornerò fra quelle azzurre sfumature, e probabilmente scoprirò e vivrò altre piccole meraviglie. Ma ciò che resta vivo e forte è quel sogno inafferrato.
Riuscirò a ricordare. E quando succederà, forse troverò quel frammento di anima antica, passata eppure sempre presente, che ancora vibra e chiama. Che si è risvegliata, eppure continua a sognare…
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ALBUM FOTOGRAFICI
Cannobio
Orrido di Sant’Anna
Cannero
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Note di Viaggio:
Per raggiungere le Riviere di Cannobio e Cannero prendere l’autostrada A26 uscendo al suo termine, a Gravellona Toce. Quindi proseguire per Verbania e prendere la Statale del Lago Maggiore, che collega tutti i suoi paesini. Da Cannobio è possibile prendere la strada che porta, in pochi minuti, all’Orrido di Sant’Anna, seguendo le comode indicazioni.
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