venerdì 2 ottobre 2020

Orta, il Sacro Monte e la Voce dei Morti

Avevo bisogno di aria fresca, di profumo di lago, di nubi basse che promettono pioggia, di un'isola che un tempo fu sacra alla Dea Serpente, di intuire il guizzo del suo corpo sinuoso nell’acqua scura...
Sogno di vedere l’isola immersa nella nebbia e di riuscire a immaginarla come fu un tempo, quando gli spiriti di fiamma danzavano dove ora sorge il campanile, di quando fra le rocce fumava il drago.
Avevo bisogno di tutto questo, di respirarlo da sola.
E ora che una nuvola fumosa cala sulla vetta grigia, la più alta, ecco... avevo bisogno anche di lei. Soprattutto di lei.
Di nuvole e acque, di sospensione, di silenzio.


L'Isola di San Giulio, vista dal Sacro Monte di Orta

Scrivo queste parole mentre, seduta al tavolino del bar, proprio al centro di Piazza Motta, lascio vagare lo sguardo oltre la fila di alberi, oltre il lago, verso l’Isola del Drago e ancora oltre, sulla vetta delle montagne. La giornata nuvolosa le rende di quel colore grigio-blu che le fa sembrare lontane e irraggiungibili, come se sorgessero in un mondo altro separato da questo. Una nuvola bianca cala fino a incontrare la vetta più alta, e lentamente la nasconde… questa visione mi sfiora interiormente e mi trasmette quel dolce senso di nostalgia, quella necessità di vivere più a contatto con la natura selvatica che ho davanti agli occhi…
Vorrei vivere in un luogo in cui, ogni giorno, dalla mia finestra io possa vedere tutte le espressioni più armoniose della natura, da quelle più quiete a quelle più minacciose, e sentirle dentro tutte. Nessuna esclusa.

L'Isola di San Giulio vista da Orta

Sorseggio il mio caffè – contenta del fatto che sia ben caldo, perché la giornata si è rivelata più fresca di quanto pensassi e ho voglia di tepore – e una frotta di uccellini si fionda intorno ai tavolini, passando sotto la mia sedia in cerca di briciole. Purtroppo non sto mangiando nulla, non ne ho voglia, così resto un po’ dispiaciuta di non poterli accontentare. Sono così buffi e dolci che mi si scioglie il cuore ogni volta che li guardo.
Noto che nessuno, oltre a me, si cura di loro. Le poche persone sedute ad altri tavoli ne sono indifferenti, forse nemmeno li vedono, o ne sono addirittura infastidite, perché si sa, i passerotti sono irruenti, movimentati, cinguettanti, e sprizzano gioia da tutti i pori. Come sempre separata, come da un velo, dal mondo delle persone normali, preferisco stare nel mondo degli uccelli, e godo della loro presenza, per me e anche per tutti gli altri.

Una via di Orta, il ristorante rustico Al Boeuc

Sto riposando un pochino, dopo essere stata al Sacro Monte di Orta, dopo aver camminato sulle prime foglie secche dell’autunno e aver guardato, finalmente, il lago e l’Isola del Drago dall’alto. Era da tanto che volevo farlo, ma il primo momento giusto è stato oggi. E per fortuna sono riuscita a coglierlo.
Me la voglio prendere comoda, voglio godermi il momento, senza troppi programmi, seguendo l’ispirazione del momento…
Così, dopo aver finito di bere, sia il caffè sia la bellezza che mi circonda, decido di proseguire e salire al piccolo cimitero antico di Orta, dove una leggenda un po’ inquietante mi chiama da tempo…

***

Non immaginavo che lo stare ferma a casa per così tanto tempo mi avesse indebolita fino a questo punto, ma me ne rendo conto durante i soli dieci minuti di camminata in salita verso il luogo di riposo dei morti.
Giunta in cima, con i muscoli risvegliati e doloranti, il fiato corto e il solito abbassamento di pressione dovuto a uno sforzo improvviso e sostenuto, mi chiedo se al cimitero ci debba anche rimanere.
Purtroppo non riesco a godermi quanto vorrei la sua vista, ma lo trovo davvero bellissimo. Uno di quei luoghi di pace, riposo, eppure anche di leggera inquietudine, che è bello camminare durante il periodo dedicato agli spiriti, ai defunti, alla morte e rigenerazione.

Il cimitero di Orta

Il cancello sembra un ricamo fine e prezioso. Aprendolo cigola un pochino, come ci si aspetterebbe in qualsiasi cimitero. Proprio accanto, l’ossario giace spoglio delle sue ossa e abbandonato a se stesso.
Le tombe sono disposte in modo ordinato attorno alla chiesetta di San Quirico, e passandoci accanto si intravedono, oltre gli alberi, piccoli e bellissimi scorci di lago. Anche quando l’acqua non si vede, si percepisce la sua presenza…
Questi morti sono fortunati a riposare qui, penso camminando sulla fine ghiaia rossa.
Molte lapidi sono davvero molto vecchie, con le fotografie in seppia racchiuse in cornici ovali.
Qualche statua è posta a guardia dei propri morti, immersa in una eterna preghiera.



Cammino in tondo, ascolto il silenzio, cerco di allinearmi alla quiete… la testa mi gira un pochino.
Sono alla ricerca di un misterioso foro rotondo, e non voglio andare via prima di averlo trovato. Poi ricordo che non si trova all’interno del cimitero, ma al suo esterno.
Così, dopo aver lasciato lapidi e ossa, percorro un breve tratto della parete esterna, e subito lo trovo, purtroppo accanto a un filo dell’elettricità che ben poco si adatta al contesto, e che sicuramente poteva essere posto in qualsiasi altro punto meno importante del muro.
Il foro è circolare, di circa venti centimetri di diametro, perfettamente scolpito da mani umane in chissà quale epoca. La pietra che lo contiene non è come le altre che compongono il muro, e probabilmente in precedenza aveva un utilizzo diverso. Forse la rientranza faceva da coppa per il raccoglimento dell’acqua piovana, o dell’acqua santa, ma adesso è posta in verticale, e qui nasce la sua leggenda.
La tradizione del posto la chiama infatti la Voce dei Morti, perché si crede che sia una sorta di passaggio… si dice che accostandovi l’orecchio si possano udire sussurri, voci lontane, preghiere, messaggi o deboli sospiri provenienti dai morti che riposano poco oltre, al di là del muro.
Avvicinandomi, sento solo quel leggero suono particolare che si crea quando ci si accosta a una cavità, o quando si pone una conchiglia accanto all’orecchio… non sento alcuna voce, ma quel suono sembra comunque provenire da un mondo separato, sospeso, e ne resto affascinata.

la Voce dei Morti

Era importante per me visitare un luogo dedicato ai morti, in questo tempo che si avvicina alla loro celebrazione, e questo piccolo cimitero antico era il posto perfetto, proprio quello che attendevo di camminare e ascoltare, quando fosse arrivato il momento giusto.
So che ci tornerò, quando le foglie saranno cadute e il velo sarà ancora più sottile… allora forse sarà possibile udire meglio la voce dei morti, e il canto delle loro ossa.

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ALBUM FOTOGRAFICO COMPLETO

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Note di Viaggio:
Il Sacro Monte di Orta è facilmente raggiungibile da una stradina carrabile che, presa subito dopo la prima rotonda di Orta, porta quasi in cima. Un brevissimo tratto a piedi, in salita, conduce al belvedere e alla chiesetta, oltre che al percorso tra le cappelle, che però sono chiuse e poco visibili al buio.
Dalla cima del Sacro Monte si ha la splendida vista del lago e dell’Isola di San Giulio, oltre che del piccolo cimitero, in basso a sinistra rispetto alla chiesa.
Il cimitero può essere raggiunto sia dalla cima del Sacro Monte, attraverso una passeggiata fatta di discese e gradinate, sia dalla Piazza Motta di Orta, percorrendo la stradina in salita – Via Gemelli – che inizia accanto alla Chiesa. Se si ha difficoltà a camminare, entrambe le strade sono inattuabili, perché anche se il percorso è breve, è abbastanza faticoso.
Chi ha la possibilità di accedere alla ZTL, invece, può comodamente parcheggiare davanti al cancello.