mercoledì 4 dicembre 2024

Alta Val Mastallone. Il Ponte della Gula e Fobello

Certe ispirazioni arrivano e basta, in modo inaspettato, suscitate talvolta da una curiosità inattesa a guardare dove non si voleva guardare più. Arrivano, e chiamano, e chiedono che quelle stesse vie siano ripercorse, in modo diverso, perché hanno qualcosa da dire e qualcosa da dare. E dopo aver dato tanto, volente o nolente che fossi, prendere qualcosa per me penso sia un diritto indiscusso.
Pertanto, ho colto l’ispirazione e sono andata a incontrare un luogo che, per quanto ancora inesplorato nei suoi sentieri più nascosti e impervi, mi ha trasmesso qualcosa di potente.
Il paesino che ho incontrato ieri, insieme al mio entusiasta compagno di viaggio, è Fobello, nella Alta Val Mastallone, e fa parte di una zona della quale sto cercando di tracciare una mappa magica fatta di luoghi speciali nei quali trovare dei piccoli punti di riferimento e una magia che, per quanto antica, risuoni con me qui e ora.
Pochi giorni prima di fare questo breve viaggio avevo avuto una piacevole conversazione con Roberto Gremmo – autore del libro Valsesia magica e misteriosa, e dei numerosi articoli disponibili online – con cui sono in sporadico contatto da tempo, il quale mi ha dato alcuni preziosi consigli, nonché tappe da aggiungere alle mie esplorazioni sul posto e in altre zone valsesiane. Sono pertanto partita sicura che avrei trovato ciò che cercavo.

La prima tappa lungo la via che attraversa la Val Mastallone era un posto particolare che desideravo vedere da molti anni, l’inquietante Ponte della Gula, che si erge un po’ storto su una gola profondissima, l’Orrido della Gula. Lo si credeva di epoca romana, ma pare sia successivo, come indica la data 721 incisa su uno dei suoi massi. Sotto di lui scorre il torrente Mastallone, stretto e sinuoso in questo punto, con le sue acque dall’intenso colore blu-smeraldo. Non soffro di vertigini, ma affacciarmi da quell’altezza mi ha turbata, e mi ha ricordato la triste fama del luogo, scelto da diverse persone per porre fine alla loro vita in un ultimo, vertiginoso salto nel vuoto.
Il Ponte della Gula per molto tempo è stato l’unico punto di collegamento con l’Alta Val Mastallone. Un bel coraggio percorrerlo per poi arrampicarsi dall’altra parte. E a me, che ero arrivata con la ferrea convinzione di attraversarlo, è bastato salire sui primi gradoni di pietra che portavano al suo arco “a schiena di mulo”, con la muratura laterale che a stento arrivava alle ginocchia, per decidere che preferivo vivere e che, dopotutto, la veduta da lì non valeva il rischio.
Percorrere un vecchio ponte è una delle cose che desidero sempre fare durante il periodo autunnale, uno dei miei gesti magico-simbolici che richiamano il passaggio fra il mondo comune e quello invisibile. Nel mondo invisibile però rischiavo di arrivarci per via diretta, per cui niente Ponte della Gula. Mi sono accontentata di scattare qualche fotografia, respirando l’aria gelida che proveniva dalle sue profondità.
Le sue leggende sono raccolte in una breve ricerca a fondo pagina.

Ripresa la via che percorre la Val Mastallone verso le sue altezze, attraversando la bella Cravagliana, immersi in un paesaggio gelido e ghiacciato, ci siamo incantati davanti alle spolverate di neve sui massi che emergevano dal torrente, oltre che ai punti perennemente in ombra in cui la brina avvolgeva in delicati ricami i rami, le foglie, gli aghi delle conifere.


Arrivati al paesino di Fobello, dopo una prima breve passeggiata, ci siamo recati nel posto che tanto desideravo conoscere. Una piccolissima e calorosa bottega di biscotti. Qui vengono prodotti e venduti I Biscutin dal Strii, i Biscottini della Strega. Il loro profumo delizioso mi ha inebriata non appena ho aperto la porta.


La proprietaria, Anna Maria, è stata gentilissima, abbiamo chiacchierato piacevolmente e poi, per aiutarmi a scegliere i suoi biscotti, ne ha descritto le diverse qualità, una per una. Li avrei comprati tutti, e poco ci è mancato – per cui ci tornerò per provare quelli che ancora non ho assaggiato – e sono uno più squisito dell’altro. Sono preparati con farine speciali e prodotti del posto, come il latte del Caseificio Alta Valsesia di Piode, il miele millefiori della Val Mastallone, le nocciole di Piemonte IGP e altri ingredienti di ottima qualità, oltre che spezie e cacao.
Fra le numerose produzioni, ho scelto i Rovi dal Carrett, o Ruote del Carretto, i Tenc al cacao amaro del Madagascar, i Biscotti di Gaudenzio alle spezie, i Buscaii alle nocciole, i Robi Buni, tipici biscotti Palet Breton con il fleur de sel della Camargue e le mandorle di Sicilia, i Falispi alle noci, e poi una fetta di torta-biscotto scozzese e la tortina Polenta e Mirtilli.




Ho amato trascorrere ogni minuto in quel posto, nel quale ho provato sensazioni ed emozioni passate di cui ho molta nostalgia.
Ho raccolto uno dei pieghevoli, dove sono elencati tutti i tipi di Biscutin dal Strii, e sull’ultima pagina, accanto a una bellissima campanula azzurra, è riportata la storia come segue:

Al Strii

Nel cuore del Parco Naturale dell’Alta Val Mastallone, c’è una stradina nel fitto del bosco che da Cervatto porta alla Frazione Torno. Arrivati dove il faggeto si fa più buio, esiste un luogo, nascosto alla vista dei passanti, chiamato “Al Pianel dal Strii”.
Io, da bambina, pensavo che le streghe all’imbrunire, dopo il suono dell’Ave Maria, spostandosi in volo, si riunissero là, su quel pianoro, per operare nell’oscurità i loro sortilegi.


Non potrei dire se Anna Maria sia una strega, forse sì. Chi mi ha incoraggiata ad andare a conoscerla l’ha definita una fata. Di certo ha creato tante squisitezze, in onore alle streghe del posto, nelle quali, non si può negarlo, è presente un pizzico di magia.
Poco prima di salutarla, le ho chiesto del Pianel dal Strii, che sapevo si nascondesse da qualche parte, nel bosco dietro il cimitero, e lei è stata così gentile da regalarmi una cartina di Fobello, indicando col dito un punto preciso. “Adesso però c’è la neve…”, ha detto, intendendo che non era il momento di andarci, perché troppo pericoloso. Il suo tono apprensivo è stato una sorta di consiglio materno che ho colto con gratitudine.
Non so se, quando sarà il momento, percorrerò quella strada. Probabilmente non lo farò. Ma quando e se sarà, ascolterò ciò che sussurra nello stormire delle foglie, incontrerò gli sguardi incisi nella corteccia degli alberi, seguirò la via indicata dai loro rami scheletrici, e forse, riuscirò a sentire.
Oppure rispetterò il silenzio, tornerò sui miei passi, e proseguirò altrove.

Uscita a malincuore dalla bottega dei Biscutin dal Strii, mi sono diretta con passo sicuro verso il cimitero. Non avrei percorso i boschi impervi e ghiacciati, ma li avrei osservati da lontano. Dal basso, dalle radici.
Il cimitero di Fobello è molto particolare, disposto a semicerchio attorno a una cappella spoglia, oscura e un po’ tetra. Una signora gentile proveniva da lì, probabilmente aveva cambiato i fiori a qualcuno. “Si gela”, mi ha detto sorridendo, mentre cercavo goffamente di infilarmi i guanti. Poi, mentre usciva dal cancello, senza voltarsi ha aggiunto: “Il freddo è arrivato”. Non ho potuto che concordare con lei, il freddo era senza dubbio arrivato.
Ho camminato verso la cappella oscura, il bosco al di sopra era una presenza inquietante e potente, davvero potente. Ho sentito il verso del corvo, tre volte. L’ho cercato senza trovarlo, poi l’ho visto volare dal paese alle vette, verso il fitto degli alberi. Ho osservato il suo volo, e lui ha gracchiato ancora.
Tornando verso il cancello, mi sono voltata a guardare ancora il bosco che si erge sopra le tombe. Ero ipnotizzata, richiamata da qualcosa di invisibile, che tuttavia mi intimoriva.
Ho ricordato le storie che vengono raccontate, anche in queste zone, delle notturne processioni dei morti, ognuno con la sua fiammella accesa sul mignolo. Non è difficile immaginare, lì, fra quelle arboree ombre, eterne e selvatiche, il procedere lento di misteriosi lumi che fluttuano nella notte. Poco distanti dal loro giaciglio di pietra, così da poterci tornare alle prime luci dell’alba.


Il freddo era pungente, e il pensiero di assaggiare le squisite dolcezze della bottega mi ha riportata nel momento presente. Ancora una breve esplorazione del paesino, col mio lupetto intirizzito e desideroso di una cioccolata bollente – che avremmo preso nella cara Varallo – e ci siamo avviati alla macchina.
Eppure, il potere selvaggio del bosco ha accompagnato ogni passo. Non potevo smettere di guardarlo, e di ascoltare ciò che mi suscitava dentro.
Forse ci conosceremo meglio, quando sarà tempo, ho pensato. O forse no. Per adesso preferisco osservarlo e rievocarlo da fuori. Un gigante, imprevedibile, potente e pericoloso, e una bambina che lo guarda da lontano, che lo scruta, non lo comprende, ma ne è affascinata. E a suo modo ne sente e riconosce il potere.

Sono grata di aver incontrato questo luogo. È il primo di una serie che – facendomi ispirare non tanto o non solo dalle loro storie, ma dal loro aspetto, dalle loro atmosfere e dalle risonanze sottili – traccerò sulla mia mappa magica, e piano piano, percorrerò.
Provo molta gioia e impazienza, sono curiosa di scoprire quali saranno, ancora, le mie vie e le mie porte. E per quali, di queste, avrò le chiavi.

***

Le leggende del Ponte della Gula


Camminandogli accanto e osservando la sua forma azzardata, si comprende perché il Ponte della Gula, secondo i racconti popolari locali, sia considerato un luogo maledetto. Sembra che in tempi lontani fosse utilizzato come patibolo, dal quale venivano gettati i condannati a morte senza alcun processo. Per questo si dice che in certi giorni dell’anno si possano ascoltare le voci, le urla strazianti e i lamenti delle persone che in quel precipizio trovarono la morte. I vecchi abitanti della valle, invece, affermano di aver assistito, nei pressi del ponte e nei boschi circostanti, a strane apparizioni notturne. Fantasmi, demoni, e altre entità inquiete vagano nel buio, spaventando a morte coloro che hanno la sfortuna di vederli.
Le leggende più note vogliono tuttavia che sia uno dei famosi ponti costruiti dal Diavolo. La storia, con qualche variante, è sempre la stessa. Un vecchio eremita, camminando vicino all’orrido, incontra il diavolo e questi gli propone un patto. Edificherà un ponte in una notte, in cambio dell’anima di chi lo attraverserà per primo. Come sempre, l’eremita fa in modo che il primo essere vivente a oltrepassarlo sia un cane, e il diavolo, beffato e infuriato, dichiara che non abbandonerà mai il posto, e che continuerà a tentare, a ingannare e terrorizzare i valligiani, nascondendosi negli anfratti della sua gola.
Esiste tuttavia una variante di questa leggenda molto particolare, nella quale è presente un elemento che compare alcune volte in certi racconti sulle streghe.
Si narra che una donna di Fobello, che si era attardata a Varallo oltre il tramonto, si trovò a dover attraversare il ponte di notte.
Improvvisamente si ritrovò davanti un orribile diavolo, il quale le chiese: “Per chi è fatta la notte?” La donna, tremante, rispose: “Per chi non può viaggiare di giorno.”.
Il demonio tuttavia non fu soddisfatto, e affermò che il ponte era suo. La donna replicò che il ponte non era né del diavolo, né suo, ma apparteneva a tutti i cristiani. Allora il demonio, furioso, sprofondò nell’abisso, e con un colpo del suo zoccolo caprino provocò la spaccatura nella roccia che è ancora visibile sotto il ponte.
La leggenda è interessante in particolare per la presenza della domanda posta dal demonio e della risposta data dalla donna di Fobello. Una domanda molto simile, infatti – Per chi è la notte? – si dice venisse posta dalle streghe della tradizione ad altre streghe consorelle, le quali dovevano rispondere: Per tutti quelli che non possono andare in giro di giorno.
Questa formula è una reminiscenza preziosa ed essenziale che sembra portare alcuni elementi comuni a certe tradizioni stregonesche nella zona di Varallo Sesia e della Alta Val Mastallone. (1)

***

Quelle pareti impervie slanciate al cielo e strapiombanti sovra il profondo baratro, la strada quasi aerea che s’apre temerariamente il passo attraverso i ferrigni fianchi del monte, i due ponti che arditamente scavalcano quella stretta paurosa, e le stesse acque del Mastallone che chiuse in quell’imo recesso non rumoreggiano ma, colorate d’un verde cupo, se ne stanno tristemente silenziose, tutto agghiaccia l’animo e stringe il cuore sgomentato”.
Don Luigi Ravelli

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ALBUM FOTOGRAFICI
Ponte della Gula
Fobello e la Bottega dei Biscutin dal Strii

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Note:

1. Purtroppo queste leggende, raccolte in rete, sono al momento prive di fonti certe. Cercherò di trovarle e di aggiungerle non appena possibile.

Fonti:

Gremmo Roberto, Valsesia magica e misteriosa. Gli antichi culti pagani delle pietre. I segreti del Fenera e dei monti sacri. Le streghe, le fate, gli gnomi. Il Badik selvatico, Fra Dolcino e Giacomaccio, Ieri e Oggi, Gaglianico, 2021

Gremmo Roberto, Valsesia magica e misteriosa: La ‘medica’ guaritrice processata nel 1863 e le tradizioni sulle streghe di Fobello, articolo pubblicato su Valsesia Notizie, 21 Giugno 2020
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