sabato 17 agosto 2019

Il Tempio del Sole di Levo

Dopo aver visitato lo splendido Giardino Botanico Alpinia, il viaggio è proseguito verso un sito cristianizzato, ma di origine molto antica.
Arrivate al paesino di Levo dopo aver percorso una strada piena di curve e di brevi salite, ho voluto vedere prima di tutto la Sorgente di Levo a lato della strada, definita “Fonte purissima”.
Alcune persone erano venute lì apposta per riempire bottiglie vuote e mi è spiaciuto non averne una a portata di mano.

La Sorgente di Levo

La Sorgente di Levo - Fonte purissima

Proseguendo verso la parte alta del paese ho intravisto la chiesetta che stavo cercando, un piccolo santuario poco conosciuto ma molto particolare.
Come dicono alcune incisioni su lastra di pietra, il santuario intitolato ai SS. Giacomo e Filippo, risalente all’incirca all’XI secolo, venne costruito su un tempio pre-cristiano dedicato al culto del Sole.
La parete posteriore, infatti, mostra ancora un’antichissima porta, sulla cui architrave di pietra è presente in rilievo una testina che forse ha origine celtica. Inoltre, accanto alla porta c’è una piccola vasca circolare, che un tempo doveva essere stata piena d’acqua lustrale. L’acqua che la riempiva poteva provenire da una sorgente naturale – forse proprio quella che ora sgorga dalla fontana poco distante – oppure dalla pioggia che si raccoglieva al suo interno. In entrambi i casi, doveva essere considerata acqua magica e probabilmente era impiegata in rituali curativi.

Il Tempio del Sole

Il Tempio del Sole - La conca d'acqua lustrale

Su questo antico luogo di culto occorre dire qualcosa in più.
La tradizione locale, così come la lunga stele posta accanto all’ingresso della chiesa, lo definisce in questo modo:

Tempio pagano dedicato al dio Sole e convertito al culto cristiano dagli apostoli della riviera d’Orta Giulio e Giuliano”.

La stele colloca l’esistenza dell’antico tempio in un periodo che va dal V secolo a.C. al V secolo d.C.
Poi prosegue:

La chiesa in condizioni pietosissime fu restaurata l’anno 1944 come voto supplice di popolo alla Vergine Taumaturga delle Grazie, qui venerata per la pace del mondo.”

Questo elemento indica che nonostante il santuario sia dedicato ai SS. Giacomo e Filippo, colei che vi è realmente onorata è la Vergine Guaritrice, la quale è raffigurata in un affresco del XVI secolo, posto all’interno della chiesetta, nella forma di una bellissima Madonna allattante.

La Vergine Taumaturga delle Grazie - Madonna del Latte

Tornando alla porta del tempio antico, sull’architrave è affissa un’altra stele, la quale dice:

Porta del Tempio Pagano
(sull’architrave): Il dio sole dei pagani
(sotto): Vasca lustrale dei pagani
(l’affresco): I santi Giulio e Giuliano muratori
che restaurano il tempio pagano
dedicandolo a Cristo.”

Sebbene queste siano parole letteralmente incise sulla pietra, non è detto che siano completamente corrette.
Scrive infatti Fabio Copiatti, a proposito della chiesetta di Levo:

L’oratorio dei SS. Giacomo e Filippo di Levo (Stresa) risale all’XI secolo ma una leggenda, perpetuata da alcune moderne iscrizioni, lo indica come antico tempio del dio Sole consacrato alla religione cristiana dai santi Giulio e Giuliano. Sulla parete esterna opposta all’entrata vi è un antico portale con a lato un’acquasantiera e inciso sull’architrave un volto in rilievo: sempre la tradizione popolare vede erroneamente in questi la vasca sacrificale del tempio pagano e la raffigurazione del dio Sole.” (*)

In effetti, non vi è alcuna prova che la testina scolpita sull’architrave rappresenti il volto del dio Sole, identificato con Belenos, nonostante la tradizione popolare voglia così. Seguendo lo studio di Copiatti, infatti, si ricorda che il Sole presso gli antichi popoli era raffigurato in modo spersonalizzato, ovvero come un cerchio, un cerchio con un punto al centro, come una croce a braccia uguali o una ruota a più raggi, mentre cominciò ad assumere caratteristiche antropomorfe solo in tempi successivi, in piena età romana. E anche in questo caso possedeva caratteristiche solari, come raggi o fiamme.
Piuttosto che un dio solare, la testina ricorda invece le numerose testine celtiche che venivano poste sulle mura esterne dei luoghi sacri con scopi protettivi. Queste testine erano considerate apotropaiche, ovvero difendevano il luogo sacro da intrusioni profane ed erano poste in tali posizioni – sopra o accanto alle soglie o in altri punti strategici, come le torri più alte – proprio perché stessero di guardia. Erano dunque testine guardiane, che vegliavano le porte, le torri e proteggevano i luoghi sacri.

Il Tempio del Sole

Considerando quindi la testina non come un’immagine del dio Sole Belenos, ma semplicemente come un simbolo di protezione posto all’ingresso di un tempio sacro, il sito potrebbe assumere un significato diverso.
La presenza di una tradizione che vuole che il posto fosse dedicato al culto solare è importante, in quanto ogni leggenda nasce da una base di realtà, e anche la presenza della vasca lustrale è altrettanto importante.
Inoltre il santuario, cristianizzato dai santi “muratori” Giulio e Giuliano e intitolato ai SS. Giacomo e Filippo, è in realtà completamente dedicato alla Vergine Taumaturga delle Grazie, erede di un antico culto femminile che non poté mai essere estirpato dai luoghi in cui era sempre stato presente, e che assunse caratteristiche accettabili dalla cristianità per poter continuare a esistere.
Sotto questa luce, gli elementi più puri ed evidenti sopravvissuti in questo luogo sono il culto del Sole, rimasto impresso nella tradizione, le ritualità legate alle acque curative raccolte nella pietra, e una figura femminile che concedeva la guarigione a chi le si rivolgeva e le offriva voti e preghiere. A protezione di questi elementi sacri, una testina scolpita sull’architrave della soglia del tempio.
Il santuario, inoltre, è posto su un’altura, in quanto Levo sorge piuttosto in alto e si affaccia sul grande lago.
Ecco, dunque, ciò che racconta questo luogo:
Il Sole, le acque guaritive, l’altura e una divinità femminile molto amata, la cui erede cristiana appare in forma di vergine allattante. Tanti simboli che, riuniti, ricordano una delle più grandi divinità solari e guaritrici pre-cristiane, chiamata Brighid, oppure Belisama dai Celti, Minerva dai Romani, e in modi sconosciuti da chi visse nelle nostre terre prima di loro.
Che il Tempio del Sole di Levo fosse in realtà dedicato proprio a lei...?

Non è possibile dimostrare nulla di quanto qui ipotizzato, forse ognuna/o può vedere, sentire e interpretare questo tempio come preferisce, tenendo però in considerazione le sue caratteristiche note e accertate.
A me il luogo ha parlato in questo modo, e nel descriverlo ho cercato di attenermi il più possibile alla realtà storica dei simboli presenti.
Lascio a chi legge la libertà di decidere se credere alla mia interpretazione oppure no.
In ogni caso, se passate da Levo, non mancate di salutare la Vergine Taumaturga, rivolgete un pensiero d’amore al Sole, assaggiate l’acqua della Fonte purissima, e regalate un sorriso alla testina scolpita… È lì da tempo immemore, ha visto tante cose, e continuerà a proteggere il luogo che le è stato affidato, preservandone i segreti.

La Testina Guardiana del Tempio del Sole

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Nota:
* Cfr. Fabio Copiatti, Il sole, immagine e culto tra paganesimo e cristianità. Esempi dal Verbano Cusio Ossola, in Fana, Aedes, Ecclesiae. Forme e luoghi di culto nell’arco alpino occidentale dalla preistoria al medioevo, a cura di Francesca Garanzini ed Elena Poletti Ecclesia, Mergozzo, 2016, pag. 197

Occorre aggiungere che durante gli scavi archeologici avvenuti sul sito nel 1877 vennero rinvenute alcune steli funerarie che risalgono al I secolo a.C. Due sono esposte sul muro interno del portico, mentre altre fanno parte della collezione archeologica del Museo di Antichità di Torino.

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Note di Viaggio:
Per arrivare al piccolo tempio solare di Levo si percorre l’autostrada A26 in direzione Gravellona Toce, uscendo a Carpugnino. Da qui, si prosegue in salita per un breve tratto in direzione Mottarone, svoltando a destra prima di Gignese e proseguendo per qualche minuto fino a raggiungere il paese di Levo.
La chiesetta è sempre aperta, ma la parete posteriore è scomoda da raggiungere perché il terreno antistante è in discesa. Nonostante l’area sia chiusa da un cancellino, questo può essere aperto – con qualche protesta dei paesani – ma bisogna fare molta attenzione a non scivolare. Meglio se si hanno le scarpe adatte – che di certo non sono le ballerine che avevo io. Con qualche difficoltà sono comunque riuscita ad avvicinarmi di più alla porta con la testina, giusto il tempo di scattare qualche foto e di osservarla meglio, perché purtroppo dalla strada si vede molto poco.
Le altre fotografie scattate al Tempio del Sole di Levo, sono raccolte qui:
Tempio del Sole di Levo

Il Giardino Botanico di Alpino

Uno dei periodi dell’anno che amo di più è il mese di agosto, quando l’estate volge al termine, l’aria si fa più fresca e il sole è meno aggressivo e debilitante. In queste giornate mi piace soprattutto passeggiare vicino all’acqua turchese, che riflette i raggi solari e crea liquidi bagliori quasi ipnotici.
Vivo queste giornate come un inno al sole e alla sua luce, e proprio per immergermi in questa bellezza, ieri ho voluto visitare due posti che desideravo vedere da tempo.
Il primo è il Giardino Botanico Alpinia, immerso nel verde delle montagne del Mottarone, e si trova ad Alpino, una piccola frazione di Stresa, sul Lago Maggiore.
Siamo arrivate nel primo pomeriggio, con il sole che giocava a nascondino dietro le nuvole, e che per tutto il percorso ha contribuito a create attimi di inaspettata magia.
Superato l’ingresso, abbiamo iniziato a passeggiare lungo il sentierino lastricato, che si snodava fra aiuole piene di erbe e fiori, ognuna con la sua targhetta che spiegava il nome botanico, il nome comune e in certi casi la provenienza. Una musica bassa e dolcissima – diffusa da alcuni discreti altoparlanti, mascherati da sassi a lato del sentiero – allietava la passeggiata. Sono sicura che anche le piante beneficiassero di quei suoni delicati, per nulla invadenti, e anzi, molto rilassanti.

Il Giardino Botanico Alpinia

Il Giardino Botanico Alpinia

Lungo il percorso si incontrano moltissime specie di piante, circa un migliaio. Alcune erano ben riconoscibili perché fiorite, o dotate di foglie particolari; altre erano meno sviluppate, o semplicemente avevano terminato il tempo di fioritura. Forse non ho scelto il periodo migliore per godere di tutte le fioriture, e consiglio a chi vuole visitare i giardini botanici di montagna – e non soffre troppo il caldo – di farlo a giugno e luglio, così da immergersi nella natura nel momento del suo maggiore rigoglio.
In ogni caso, anche ad agosto il giardino è splendido. Ho amato particolarmente le macchie di brugo rosa, le piante di carlina nascoste qua e là, la genziana dai fiori viola intenso, una specie di cardo molto pungente dalle sfumature blu, e proprio per onorare il sole, l’enula campana, che si dice sia fiorita dalle lacrime di Elena, quando pianse i combattenti morti nella guerra di Troia, scoppiata per causa sua.

Il Giardino Botanico Alpinia

Il Giardino Botanico Alpinia - La pianta Carlina

Proseguendo lungo il percorso, ad un certo punto si raggiunge una piccola zona panoramica, affacciata sopra il Lago Maggiore. Alcune panchine permettono di sedersi davanti a questa vista incantevole e lasciar vagare lo sguardo non solo sul lago, con le sue acque azzurro intenso e le sue isolette – sono ben visibili l’Isola Bella, l’Isola dei Pescatori con le barchette attraccate e l’Isola Madre – ma anche sulle montagne che lo circondano.

La vista sul Lago Maggiore

Ieri erano velate di bianco e azzurro, sfiorate dalle nuvole basse, immerse in una calma assoluta, e guardandole ho percepito qualcosa che sul subito non sono riuscita a decifrare – c’erano altre persone che davanti a quella vista si perdevano in chiacchiere, e non ho potuto lasciarmi andare e ascoltare.
Solo in un secondo momento ho compreso quel senso di sospensione. Era il loro ritmo vitale, così diverso e contrapposto alla nostra insensata frenesia. Quelle montagne velate e sospese stavano respirando impercettibilmente. Ogni loro respiro, lento e profondo, dura centinaia di anni, e mentre noi rincorriamo il tempo scandito in minuti, ore, giorni, loro vivono l’eternità, pregne di una pura e perenne armonia.
E per quanto tentiamo di scalarle e percorrerle in lungo e in largo, in realtà non ci avviciniamo mai veramente a loro. L’unico modo per accostarci alla loro essenza è riconoscere il loro ritmo vitale, assecondarlo, e cercare di allineare il nostro ai suoi lenti e calmi battiti.
Allora le distanze si annullano, e anche noi cominciamo a respirare con le montagne. E ogni nostro respiro può durare centinaia di anni.

La vista del lago e delle montagne è uno dei motivi per cui vale veramente la pena di visitare il giardino, oltre, ovviamente, alla bellezza delle piante selvatiche che ospita.
Riprendendo a camminare, il percorso circolare ha proseguito ancora tra la moltitudine di piantine, alternate ai cespugli di erica, per poi ritornare alla sua parte iniziale, dove si può passeggiare ancora intorno alle aiuole sparse e pianeggianti.

Il Giardino Botanico Alpinia

Il Giardino Botanico Alpinia

Come scrivevo all’inizio, durante la passeggiata il sole era quasi sempre nascosto, ma ogni volta che, infiltrandosi tra una nuvola e l’altra, spargeva la sua luce dorata sul giardino, questo sembrava animarsi e gioire insieme a lui.
Per fortuna sono riuscita ad approfittare di quei brevi momenti assolati per scattare le fotografie migliori, e per incantarmi qualche secondo davanti a quei raggi che creavano qua e là filamenti luminosi, macchie di luce, e piacevoli ombre.
Credo che se la giornata fosse stata completamente limpida non avrei vissuto così intensamente quegli istanti improvvisi di luce abbagliante, sentendoli come veri e propri doni inaspettati.
Il sole che giocava a nascondino ha fatto giocare a nascondino anche me: ogni volta che faceva capolino cercavo di catturarne ogni riflesso, correndogli dietro come una bambina che segue l’amico nascosto e cerca di prenderlo prima che raggiunga la tana.
E lui si è lasciato prendere, sorridendo fra i rami e le foglie, per poi scappare via di nuovo dietro le sue soffici nuvole.

Il Giardino Botanico Alpinia

Il Giardino Botanico Alpinia

Terminata la bella passeggiata al giardino botanico Alpinia, e dopo una brevissima tappa rifocillante a Gignese, con tutti i suoi ombrelli colorati appesi fra le vie, ci siamo spostate di pochi chilometri per raggiungere un paesino limitrofo, dove avevo ricordato, poco prima di partire, che c’era qualcosa di molto importante da vedere da vicino.

Continua qui:
Il Tempio del Sole di Levo

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Note di Viaggio:
Per arrivare al Giardino Botanico Alpinia si percorre l’autostrada A26 in direzione Gravellona Toce e si esce a Carpugnino. Da qui, si prosegue in salita verso il Mottarone, fino a raggiungere la frazione Alpino, parte del Comune di Stresa. Il Giardino è aperto tutti i giorni dalle 9:30 alle 18, l’ingresso costa 4 euro.
Consiglio di visitarlo nei periodi di massima fioritura, da giugno a luglio, magari in una tiepida giornata di sole.
Qui sono raccolte molte altre fotografie scattate durante la gita:
Giardino Botanico Alpinia

sabato 3 agosto 2019

Castello di Roppolo

Sono passati alcuni mesi dal mio ultimo viaggetto, un tempo lungo che però mi era necessario per ritrovare gli equilibri interiori. Nelle settimane trascorse mi sono dedicata interamente alla lettura, ho ripreso a scrivere, ho lavorato e soprattutto ho assecondato le mie maree interiori, che a volte mi portano ad aprirmi verso l’esterno, ad avanzare, a percorrere nuove strade e a camminare all’aria aperta, e altre volte a rintanarmi nel mio nido, a scomparire, a cercare il silenzio e l’isolamento per poter riprendere a camminare dentro me stessa.
Dopo tutto questo tempo nascosta, anche per via del caldo cocente, ho da poco sentito il bisogno di rimettere fuori il nasino dalla tana, così ho cominciato a tastare il terreno, a valutare la temperatura, a sentire da che parte tirava il vento, ho scrollato di dosso il lieve torpore estivo, e quando è stato il momento – complice un breve temporale rinfrescante che ieri ha alleggerito l’aria – sono ripartita alla ricerca di nuovi luoghi pieni di storie da raccontare.
Come prima esplorazione ho scelto un castello piuttosto vicino a dove abito – i primi voli dopo il letargo estivo è bene siano brevi e non stancanti – ovvero il Castello di Roppolo.

La costruzione sorge su una delle colline moreniche del canavese, proprio sopra il piccolo lago di Viverone. La sua origine è davvero remota, tanto che è considerato uno dei castelli più antichi del Piemonte. Le sue prime notizie risalgono al 963 d.C., le sue fondamenta vennero innalzate sulle rovine di una chiusa longobarda, e si dice addirittura che in epoca celtica su questa altura sorgesse un ara dedicata alla divinità del sole. Viene chiamata Apollo in epoca romana, ma i Celti onoravano il sole in forma femminile, e proprio in questa zona era celebrata una dea del sole e del lago che sopravvisse nella leggenda della ninfa Albaluce, pertanto si può ipotizzare che il tempio fosse dedicato non tanto ad Apollo, quanto alla Dea Sole.
Nel corso dei secoli il Castello di Roppolo venne trasformato dai diversi proprietari, che lo migliorarono, lo ingrandirono e lo resero infine ciò che è ora: un castello privato, ristrutturato e finemente arredato con mobili e oggetti antichi, alcuni originali e altri più recenti. Abitato al secondo piano dall’attuale proprietario, è comunque visitabile in buona parte, e le stanze accessibili, una decina più le cantine, sono davvero magnifiche.

Castello di Roppolo - Il Giardino

Castello di Roppolo - Il Giardino

Il giardino con la splendida fontana, le rose fiorite, i raggi di sole che giocano fra le foglie, e la vista sulle verdissime colline canavesi e sul lago, toglie il fiato. Come sempre avrei voluto trattenermi lì molto di più, ma quando si è accompagnati dalla guida i tempi sono sempre molto stretti. Tante volte rimango indietro a scattare qualche fotografia nelle stanze rimaste deserte, a osservare i dettagli, a guardare fuori dalle finestre per lasciar vagare lo sguardo sulla natura circostante, e mi ritrovo a dover poi rincorrere il gruppetto di persone che è sempre già avanti, sotto gli occhi della guida, che aspetta solo me per poter riprendere a spiegare. Credo di non risultare molto simpatica in queste occasioni, ma sono fatta così, il mio ritmo è più lento, non mi basta passare velocemente attraverso le cose per vederle e andare oltre… devo guardarle davvero, devo entrarci dentro e osservarle da tutte le angolazioni, per non perdere nulla. E dato che non perdere nulla è impossibile, devo poter scattare fotografie per poi ripercorrere gli stessi luoghi e vedere quei dettagli che, nel brevissimo tempo concesso nelle visite guidate, non è possibile notare.
Comunque, dopo il giro dello splendido giardino, e del cortile interno, sono cominciate le stanze, una più bella dell’altra. Se dovessi scegliere quali mi sono piaciute di più, credo che le elencherei quasi tutte.

Castello di Roppolo - La prima stanza

Castello di Roppolo - La sala della spinetta

Sicuramente ho amato la sala della musica con la grande spinetta – simile al pianoforte ma molto antica – la sala da pranzo col grande camino dalla cappa affrescata con un meraviglioso albero di arance, il lungo salotto azzurro con il lampadario di cristallo…

Castello di Roppolo - Il salotto azzurro

Castello di Roppolo - La camera da letto

Poi le camere da letto, la sala delle armi e delle armature, ovviamente la piccola ma ricca biblioteca che contiene solo una parte dei circa sessantacinquemila libri che fanno parte della collezione del castello, e le cantine, con il pozzo ancora funzionante a cui mi sono affacciata e che mi ha stupita per quanto fosse profondo.

Castello di Roppolo - La sala delle armi

Castello di Roppolo - La sala delle armi

Castello di Roppolo - La biblioteca

Castello di Roppolo - La biblioteca

Proprio le cantine sono importanti perché lì, circondati da una lunghissima fila di vini pregiati, prodotti e venduti dall’attuale proprietario, sono custoditi alcuni dei reperti archeologici rinvenuti nel lago di Viverone. Gli altri sono suddivisi in diversi musei della zona, mentre la gran parte sono al Museo di Antichità di Torino – di cui ho scritto qui. Gli oggetti conservati al castello sono alcuni vasi di ceramica, una lama di falcetto e alcuni splendidi ornamenti femminili.

Castello di Roppolo - Le cantine

Entusiasta per ciò che potevo finalmente vedere da vicino, ho immancabilmente dovuto rincorrere il gruppetto che, ligio e ordinato, seguiva la guida, e mentre scendevamo altre scale, quest’ultima ha iniziato a raccontare una storia. La storia del fantasma del Murato Vivo.

Era un tale Bernardo di Mazzè, che abitava nel Castello di Mazzè durante i primi decenni del 1400. Nello stesso periodo il Castello di Roppolo, dopo essere stato abitato dai Savoia ed esser stato ceduto alla famiglia dei Valperga, era abitato dallo spietato Ludovico Valperga. Fra i due nobili si era creato un profondo astio, che culminò nella trappola che Valperga tramò crudelmente per il suo avversario. Non si sa come andarono le cose, si sa soltanto che un giorno, nel 1451, Bernardo di Mazzè scomparve e non lo si rivide mai più. La moglie Maddalena lo cercò per giorni e giorni, senza darsi pace, e dopo un certo periodo l’uomo venne dichiarato morto e si ritenne che fosse annegato nel lago.
Tuttavia i Savoia non vollero credere a questa alquanto incerta versione dei fatti, e non ebbero dubbi che dietro la scomparsa di Bernardo ci fosse lo zampino di Ludovico Valperga. Per questo gli confiscarono il castello. Si dice che le urla di Bernardo riecheggiassero nelle mura del maniero, e che le si possa udire ancora oggi, specialmente nelle notti di luna piena. E se questa è solo una leggenda, è pur certo che le sue urla dovettero sentirsi davvero. Nel 1800, molti secoli dopo la sua scomparsa, durante i lavori di restauro della torre del castello venne abbattuta una piccola parete in muratura e venne trovato uno scheletro, ancora rivestito della sua armatura. Questi non era altri che il povero Bernardo di Mazzè, murato vivo nella torre del castello e morto di stenti.
Oggi la sua cella è stata ricostruita nella parte più profonda del castello. Dalle cantine si scende una stretta e ripidissima scaletta, che si può percorrere aiutandosi con le corde infisse nell’umida parete, e in breve si raggiunge la triste prigione di Bernardo. Lo scheletro è autentico, ma non appartiene a lui.
È probabile che lui ora riposi in pace insieme alla sua famiglia.

Castello di Roppolo - Il Murato Vivo

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Tornata in superficie dopo l’immersione nei freddi sotterranei e nella storia del Murato Vivo, la luce del sole e il vento fresco sono stati particolarmente piacevoli. Mi sono intrattenuta ancora per un po’ nello splendido giardino, e sono poi tornata alla macchina.
Naturalmente non ho mancato di fare un salto al lago di Viverone, per salutare le sue acque e il liquido riflesso del sole che baluginava sulla superficie, fra anatre, folaghe e voli di gabbiani.

Il Lago di Viverone

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Note di Viaggio:
Il Castello di Roppolo si trova a Roppolo, in provincia di Biella. È aperto da Aprile a Settembre, con orario di apertura dalle 10 alle 19. Chiuso nella pausa pranzo. La visita dura circa un’ora.
Per vedere le altre fotografie scattate nel Castello di Roppolo:
Il Giardino e il Cortile
Le Stanze del Castello
Le Cantine