domenica 2 febbraio 2020

Il Santuario di Crea e la voce segreta dell’acqua

Non credevo che avrei scritto una pagina di diario per la breve gita che ho fatto oggi al magico Santuario di Crea, nel Monferrato, perché ci ero già stata anni fa, perché non lo consideravo un vero e proprio viaggio, e perché avevo già preparato un testo abbastanza approfondito sulla sua sacralità, e in particolare, su alcuni suoi dettagli perlopiù nascosti e misteriosi.
A tal proposito, il breve testo che consiglio di leggere prima di questo è qui: Santuario della Madonna di Crea e Sacro Monte di Crea. La Collina della Madre Bruna
Dicevo, non credevo che avrei scritto il diario, ma oggi questa collina mi ha toccato il cuore più di quanto avesse fatto in passato, perché è stato proprio camminando sentieri nascosti alla ricerca del sacro femminino, ovvero infilandomi in anfratti poco frequentati e legati alla primitiva sacralità del posto, che ho potuto ascoltare e sentire la sua voce segreta.
E la sua voce è l’ipnotico gorgogliare dell’acqua dentro la roccia.

Bisogna cercarla, eppure non si vede. La si può solo ascoltare.
Perché lei scorre sottoterra, dentro la roccia, e non vi è modo di scorgerla. Non più almeno.
Si ha la sensazione di camminare sull’acqua, perché lei è proprio lì, sotto i tuoi piedi. È sotto la terra coperta di foglie sulla quale muovi i tuoi passi.
La senti gorgogliare vivace, mentre scivola fra rocce sotterranee, perché il suo canto crea un’eco leggera, come quando si tamburella con le dita su una pietra sottile, vuota all’interno.
Non la vedi e non la puoi toccare. Non puoi berla, nonostante sia ricca di proprietà terapeutiche, perché lei è lì, eppure lì non c’è più.

Un tempo scorreva libera dalla fontanella ai piedi della prima cappella del Sacro Monte. Arrivava gente da ogni dove per raccoglierla nelle bottiglie, oppure berla sul posto, le mani a coppetta e le ginocchia appoggiate sulla pietra della piccola vasca.
Ero sicura di poter fare lo stesso, ero certa di vederla zampillare, ma la fontanella è secca, la vasca è vuota, e sembra che non vi cada una goccia d’acqua da moltissimo tempo.
Almeno si sente scorrere dietro una grata, o sotto un triste tombino.
Almeno c’è ancora, nascosta, segreta. Per adesso, non ha ancora abbandonato la sua collina.

Lascio la prima cappella un po’ delusa – il ricordo dell’allontanarsi della dea serpente e del conseguente disseccarsi delle sue sorgenti, mi riempie la testa e mi rende inquieta – e cerco la seconda, salendo per poche decine di metri con la macchina e lasciandola a lato della strada, ai piedi del ripido sentiero. È una scorciatoia che porta all’apice del sacro monte, ma è scosceso e faticoso, oltre che disagevole per via del tappeto di foglie secche sul quale è facile scivolare.
Muovo i miei passi verso la cappella, e l’acqua scorre ancora, il suo suono è talmente chiaro da sembrare lì accanto a me. Ma lei è sotto, da qualche parte sotto i miei piedi, e non si vede.

Il sentiero della seconda cappella

Raggiungo la cappella, e finalmente trovo la sacra parete di roccia che è lì da millenni, e che era ben conosciuta da coloro che visitavano il luogo ancor prima che il cristianesimo vi piantasse le sue radici.
Il sedile salutifero – ovvero la cosiddetta pietra che guarisce – è coperto di foglie. Le sposto per sedermi e lasciare che la pietra trovi le mie parti sofferenti, e magari le guarisca.

La pietra che guarisce

Seduta sulla pietra che guarisce, ascolto la voce dell'acqua

A catturare la mia attenzione, però, è soprattutto la nicchia dentro la quale qualcuno, diversi decenni fa, dipinse un volto. Il volto in realtà ha poca importanza. Ciò che importa è la forma della nicchia, una delle più belle e più perfette vulve di roccia che io abbia mai visto. Il contorno è armonioso, morbido, pieno di grazia e di bellezza. La sua magia si percepisce a pelle.

Il sacro intimo femminile scavato nella roccia, e il volto dipinto

La presenza del volto non disturba, ma fa riflettere. Non è dato sapere chi rappresenti, non è nemmeno antico, ma se è vero che rappresenta una santa, oppure una qualsiasi figura cristiana, non ho dubbi sul motivo per cui sia stato dipinto. La vulva di pietra doveva essere oggetto di molta venerazione sino a tempi relativamente recenti. Forse vi era chi la pregava, chi la toccava, chi le portava offerte e chiedeva guarigione o nascita di bambini. Disegnarvi un’icona cristiana, pertanto, avrebbe fatto in modo che la devozione delle pellegrine e dei pellegrini si rivolgesse non più alla roccia femminea, ma alla figura impressa al suo interno, e le pratiche dure a morire sarebbero state in un certo senso accettate. Come del resto venne fatto innumerevoli altre volte.

Poco importa chi sia, perché davanti alla forma d’amore della roccia il volto quasi scompare.
Ma a non scomparire è sempre lei, l’acqua, che in quel punto pare scorrere persino dietro la pietra.
E canta, canta incessantemente, riempiendo l’aria con il suo liquido chiacchierio.
È stata definita “sorgente perenne”, è stata attinta dalla fontana sottostante e bevuta per tanti secoli, ma mi chiedo se “perenne” lo rimarrà per sempre. Un’ombra triste attraversa i miei pensieri.

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Raggiungo il santuario e, varcata la porta, lo percorro in silenzio, lasciando per ultimo l’incontro più bello. Nella cappella a sinistra dell’altare, è custodita infatti la preziosissima Madonna Bruna di Crea, in origine una Madonna nera, ora purtroppo schiarita. È bellissima, e si nota immediatamente che è antica, la sua fattura, risalente al 1300, è completamente diversa da quella dell’altare che la ospita.
Se il suo volto è chiaro, però, la sua mano è scura, grezza, ha lo stesso colore del legno naturale, e forse era proprio quello il colore originario dell’intera statuetta.

A colpirmi, inoltre, sono gli affreschi nella cappella adiacente, dove sulle pareti laterali sono raffigurati la vita e il martirio della dolcissima Santa Margherita.
Mentre la guardo, seminuda e appesa per le braccia mentre si tenta di darla alle fiamme – ma lei non brucia – poi posta dentro un grosso calderone per farle subire il supplizio dell’acqua bollente – ma lei non si scotta – e infine decapitata, un nodo mi si stringe alla gola.
Rivedo in lei tutte noi donne, che da tempo immemore subiamo o abbiamo subito torture di ogni genere.
Davanti a questa fanciulla non riesco a trattenere le lacrime, perché mi rendo conto che questi affreschi così antichi non hanno mai smesso di essere attuali.

Dopo diversi minuti, sento la necessità di uscire e di lavare via la tristezza.
Davanti a un caffè bollente e ai baci di dama con le nocciole del Monferrato – tra i più buoni che abbia mai mangiato – la dolcezza prende il posto della malinconia, mentre seduta ad un tavolino che si affaccia sulle incantevoli colline monferrine ringrazio la magia del luogo per i molti doni che mi ha concesso.

Il paesaggio dal Sacro Monte di Crea - Una piccola Avalon piemontese

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Per conoscere meglio la magia antica del Sacro Monte di Crea, potete leggere la mia breve ricerca qui:
Santuario della Madonna di Crea e Sacro Monte di Crea. La Collina della Madre Bruna

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Note di Viaggio:
Il Sacro Monte di Crea con il Santuario della Madonna Bruna si trova a Serralunga di Crea, poco sopra la frazione di Forneglio, in provincia di Alessandria. È sempre accessibile, mentre la chiesa e le altre strutture ricettive, come il bar e il piccolo negozio, sono aperti tutti i giorni fino alle 18.
Consiglio vivamente di assaggiare i baci di dama, preparati con le nocciole monferrine, i biscotti di meliga e la tipica Torta di Nocciole di Crea, sono tutti dolci squisiti e si possono acquistare direttamente sul posto, al bar oppure al ristorante – quest’ultimo aperto solo per pranzo.

Le fotografie scattate durante il viaggio sono raccolte qui:
Il Sacro Monte e il Santuario della Madre Oscura
Il Sacro Monte di Crea - Una piccola Avalon piemontese