martedì 21 gennaio 2020

Pont Saint Martin. Di Diavoli e di Fate

Nel mio diario di carta e inchiostro ho una lunga lista di posti che vorrei conoscere, sperimentare, ascoltare. Questi posti mi vengono ispirati dalla vita quotidiana, dalle mie ricerche, da storie e leggende che per un motivo o per l’altro incontro e mi incontrano, e mi entrano sotto la pelle. Ma soprattutto mi sono suggeriti da ciò che vive dentro di me, e riconosce in essi la presenza di un messaggio, un messaggio che è per me, per me soltanto, e che solo raggiungendo quei posti – spesso da sola – posso cogliere e sentire.
Ognuno di noi vive viaggi e luoghi in modo diverso, e nessuno vive mai uno stesso viaggio o uno stesso luogo in modo simile o uguale a qualcun altro. Per questo nessuno può cogliere esperienze e messaggi che appartengono ad altri – e viceversa – e vivere quei luoghi nel modo in cui li vivrebbero altre viaggiatrici e viaggiatori. Questo è rincuorante, perché ognuno ha la certezza che lì, proprio lì, vivrà ciò che è li apposta per lei/lui, e mai ciò che è lì per qualcun altro, nel bene e nel male.
Un luogo inoltre può essere amichevole e ricco di messaggi per qualcuno, oppure ostile e inospitale, nonché privo di messaggi per qualcun altro. Ed è giusto che sia così.
La bellezza del viaggio, breve o lungo che sia, sta anche in questo. Nella sua unicità, che lo rende sempre speciale e incomparabile per chiunque lo viva.

Questa riflessione è nata in diverso tempo, e rispecchia il mio modo di accostarmi a certi luoghi, quegli stessi luoghi che sono appuntati nella mia lunga lista, e che con tanta, tanta pazienza aspettano li raggiunga.
In questa lista era annotato da circa un anno il paesino di Pont Saint Martin, che volevo vedere nel periodo che precede il Carnevale, quando il grande diavolo rosso viene appeso al ponte in attesa di essere bruciato la sera del Martedì Grasso; ed erano annotate anche altre piccole tappe poco lontane, nelle quali ero già stata – o passata di sfuggita – senza vedere ciò che desideravo conoscere.
Le tappe erano la scuola elementare di Issime, dove nel 2013 è stata installata una meravigliosa statua di bronzo raffigurante la Fata del Piroubec – la pietra-becco di cui ho scritto un anno fa;
il paese di Fontainemore, con la sua zona vecchia, il ponte sul torrente Lys e la Madonna Nera della chiesa;
e infine il borgo medievale di Donnas durante la Fiera del legno di Sant’Orso, nella quale circa 500 scultori espongono le loro opere di legno, fra le quali sono frequenti giocattoli, paesaggi di flora e fauna montana, grolle dell’amicizia, filatoi e tanto altro.

Ma partiamo dall’inizio. La mia prima tappa è Pont Saint Martin, dove ho finalmente incontrato il caro vecchio Diavolo rosso. L’ho visto apparire alla mia destra appena entrata nel centro storico, più grande di quanto pensassi, e siamo subito “entrati in confidenza”.
Riporto con piacere qualche appunto su di lui, e la leggenda del suo mirabile ponte.

Il ponte romano di Pont Saint Martin, e il suo diavolo

Il ponte romano di Pont Saint Martin venne costruito sul finire del I secolo a.C. e utilizzato per circa due millenni, durante i quali permise il passaggio dalla regione di Ivrea, l’antica Eporedia, alla Val d’Aosta. In epoca antica il paese veniva chiamato solamente Ad pontem, mentre con la cristianizzazione e la nascita della leggenda di San Martino vescovo di Tours e del Diavolo, anche il nome del posto cambiò, e assunse quello del santo. Il ponte di Pont Saint Martin, è uno dei leggendari ponti del diavolo sparsi in tutta Europa, la cui realizzazione è attribuita al maligno perché le genti del posto, avendo perso le grandi conoscenze di costruzione degli antichi Romani, non ritenevano possibile che simili opere architettoniche potessero essere create da mani umane.

La leggenda vuole che San Martino, per recarsi a Roma solesse passare dalla Val d’Aosta. Una sera si fermò a dormire in un piccolo paese che sorgeva accanto al torrente Lys, nel quale era presente l’unica passerella di legno che permetteva di attraversare il corso d’acqua e proseguire il cammino. Durante la notte, il torrente si ingrossò e una grossa onda trascinò via la passerella. Il santo rimase quindi bloccato sulla sponda del torrente e dovette aspettare diversi giorni perché si costruisse un ponte nuovo. I capifamiglia discussero per trovare una soluzione, perché volevano che il nuovo ponte fosse “bello, grande, solidissimo” e che costasse poco. Allora il santo decise di aiutarli, e per farlo volle ingannare il Diavolo.
Il giorno seguente incontrò il Diavolo e gli chiese di costruire un ponte che collegasse le due rive del torrente, un ponte che fosse “bello, grande e solidissimo”. Il Diavolo acconsentì, a patto che l’anima del primo che lo avesse attraversato fosse stata sua. San Martino accettò e sigillò il patto, e il Diavolo in una sola notte eresse il ponte, che era davvero bello, grande e solidissimo.
La mattina seguente i paesani guidati dal santo si recarono al ponte, e questi mise in atto il suo piano per ingannare il demonio.
(…) prese un pane, lo lanciò dall’altro lato e liberò un cane che teneva avvolto nel mantello. L’animale si slanciò sul ponte e passò così per primo. Il diavolo fu talmente furioso di vedersi beffato dinanzi a tutta quella folla che, lacerato fra i suoi artigli e fatto a pezzi il povero cane, volle mettersi a distruggere la propria opera.
Già aveva fatto una larga breccia nel parapetto, quando San Martino ritornò frettoloso e piantò una croce sul punto più alto del ponte. Il diavolo scomparve per sempre. Il santo, seguito da tutto il popolo, attraversò il ponte in piena sicurezza e, da secoli, vi si passa senza pericolo
.” (1)
La breccia che si dice fosse stato il Diavolo a creare, proprio sulla cima del ponte, non venne mai riparata, perché i materiali di costruzione che i cristiani portavano lì per aggiustarla rotolavano sempre giù, e per molti anni la spaccatura rimase aperta. Venne infine riparata quando venne creata la piccola edicola che al suo interno ospita l’icona del santo, e che simboleggia un’ulteriore sconfitta delle “potenze infernali” e la vittoria della cristianità sul Diavolo.

Dal 1910 fino a oggi, il Diavolo della leggenda viene riprodotto e appeso al ponte durante il periodo che precede e comprende il Carnevale, e la sera del Martedì Grasso viene bruciato fra fuochi pirotecnici e pioggia di scintille.

Il ponte romano di Pont Saint Martin, e il suo diavolo

***

Davanti a questo povero Diavolo appeso al ponte, e conoscendo la sua leggenda – come le molte altre simili – non riesco a non provare tenerezza per lui, e una pungente avversione verso il santo, che ai miei occhi rappresenta la differenza fra furbizia e intelligenza. L’inganno, ovvero l’astuzia meschina, non nobilita nessuno. Un atto ingannevole non è certo eroico, eppure questa meschinità è spesso spacciata per eroismo e coloro che la fanno propria vengono considerati grandi benefattori.
Mentre cammino sulla cima del ponte, attratta dalle sue crepe più che della sua interezza – quasi che siano proprio quelle a rivelare che, in fondo, qualche sfizio il Diavolo se lo sia tolto – mi sento vicina a coloro che continuamente sono ingannati, usati e sfruttati, pur essendo loro i veri artefici di opere memorabili. Così com’è il Diavolo di queste leggende, che costruisce ponti “belli, grandi e solidissimi” in una sola notte, e poi viene beffato, e addirittura vede la sua opera assumere il nome di chi lo ha imbrogliato.
Il ponte in questione, infatti, assunse il nome di San Martino.

Mi si potrebbe dire che tanto si tratta del Diavolo, il malvagio ingannatore per eccellenza, e che quindi sia giusto imbrogliarlo, ma il Diavolo ai miei occhi non è che il grande nemico creato appositamente perché fosse incolpato di tutti i mali del mondo, pertanto la mia idea rimane invariata.
Se vuoi una amica, mio caro Diavolo, oggi l’hai proprio trovata, penso con affetto, mentre scendo dal suo bello, grande e solidissimo ponte, e sorrido al fantoccio rosso appeso alla sua arcata…

Il diavolo in attesa di essere dato alle fiamme

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A incantarmi, però, sono soprattutto le acque del torrente Lys, incontrate per la prima volta a Lillianes un anno fa. Anche per loro esiste una leggenda, quella della bellissima Fata del Colombera, a cui sono molto affezionata.
La Fata viveva in una grotta, scavata su un fianco del vallone di Réchanter, e un tempo era onorata e amata dagli abitanti dei paesi vicini, specialmente di Perloz. Col passare dei secoli e l’avvento della cristianità, la Fata cominciò a non essere più vista di buon occhio, e l’ostilità nei suoi confronti crebbe sempre di più, finché in lei crebbe una rabbia tale da voler abbandonare i suoi monti. Prima di andarsene, però, escogitò una feroce vendetta da scatenare su quello che in passato era stato il suo popolo.
Evocò le acque che erano in suo potere e fece cadere una pioggia impetuosa, la quale ingrossò il rivo Réchanter, che ricadeva nel Lys. Quindi arrestò le acque del torrente, così che si formasse un lago, e repentinamente le liberò di nuovo, creando un’onda gigantesca, impetuosa e inarrestabile, sulla quale si erse, come seduta su un trono d’acqua e spuma a guidare la rovinosa discesa. A cavallo dell’onda azzurra, altera e bellissima, la Fata si riversò giù dalle vette, proseguendo furiosa verso la Dora Baltea, e tutti la videro, temendola e ricordando il suo antico potere.
A Pont Saint Martin, gli abitanti terrorizzati la vedevano avvicinarsi, e temendo che al suo passaggio distruggesse il loro ponte, la implorarono dicendo: “Piega il capo, bellezza, lasciaci il nostro ponte.”
A quelle parole la Fata si intenerì, e appena raggiunse il ponte chinò la testa e vi passò sotto senza sfiorarlo, gettandosi poi nella Dora, dove cominciò a cantare in modo dolcissimo…
L’onda si dissolse nel grande fiume, e poco a poco il canto della Fata si affievolì, e infine si spense.

Le acque del Lys

La Fata del Colombera, chiamata anche Ninfa del Lys, sembra essere un’antica divinità acquatica che viveva presso le sorgenti del Lys, o vicino agli alti rivi montani, in una grotta segreta e inaccessibile.
Le parole gentili che i Sammartinesi le rivolsero appaiono come un riconoscimento della sua bellezza, e dunque del suo antico potere, e la Fata, mossa da gratitudine, risparmia il ponte e si ricongiunge con il fiume, sparendo per sempre.

Anche se la Fata scomparve, la sua memoria rimase viva nella tradizione popolare.
Se a partire dal 1910, primo anno dello storico Carnevale di Pont Saint Martin, fra i suoi personaggi tradizionali come San Martino, il Diavolo e il Console era presente la cosiddetta Regina del Lavoro, dal 1952 questa è stata sostituita dalla Fata o Ninfa del Lys, sempre accompagnata da due ancelle.
La Fata è interpretata ogni anno da una donna diversa, così come le ancelle – che devono essere ragazze giovani e carine – e veste sempre un abito dei colori delle acque la cui realizzazione spetta a lei.
Caratteristiche imprescindibili della Fata sono la gentilezza e il sorriso, e dal suo carro di Carnevale a forma di onde acquatiche è solita spargere fiori, coriandoli azzurri e caramelle.

Le acque del Lys

Guardando il dolce fluire delle acque del Lys, rivedo la stessa gentilezza della loro Fata, e la immagino sopraggiungere sulla cresta dell’onda, chinare la testa, e tuffarsi nel fiume, cantando dolcemente.
Anche se è sparita dal mondo comune, non lo è per me, e ripenso a ciò che di lei avevo scritto poco meno di un anno fa:
“È possibile che la Fata del Colombera sia una di quelle antiche divinità che mi piace chiamare dee inabissate, ovvero quelle antiche dee che, un tempo onorate, non lo furono più con l’arrivo del patriarcato e della nuova religione, e simbolicamente si inabissarono in mari, fiumi e laghi, scomparendo dal mondo comune, ma sopravvivendo in quello più nascosto,
quello non accessibile a tutti,
quello oltre la superficie dell’acqua.” (2)

Ancora oggi è viva la tradizione che attribuisce alla Fata del Colombera le esondazioni del Lys.

Il viaggio continua...

***

Note:
1. La citazione e la leggenda completa sono contenute in Jean Jacques Christillin, Leggende della Valle del Lys, Edizioni Guindani, Gressoney Saint Jean - Aosta, 1990, pagg. 11-13.
2. Tratto dai miei appunti di ricerca, pubblicati su La Dea Madre nel Nord Italia – La Fata del Colombera, il 23 Febbraio 2019.

Note di Viaggio:
Pont Saint Martin è facilmente raggiungibile con l’autostrada Torino-Aosta.
Il Diavolo viene appeso ogni anno, dopo le festività natalizie, e resta al suo posto fino alla sera del Martedì Grasso e della grande sfilata di Carnevale.
Se volete saperne di più sul Carnevale di Pont Saint Martin trovate tutte le info e le immagini delle passate edizioni qui: Carnevale Pont Saint Martin
A destra del ponte, scendendo una breve scalinata, è possibile accedere al piccolo museo ad esso dedicato, aperto tutti i giorni fino alle 18 e contenente tante informazioni sulla sua storia.
Per il momento di relax e rifocillamento al calduccio consiglio il bar sotto il portico dell’Hotel Ponte Romano.
Qui potete vedere tutte le fotografie scattate durante questa tappa del viaggio:
Pont Saint Martin: il Ponte del Diavolo e le acque della Fata del Lys

Fontainemore. Di Ghiaccio e di Fate

Proseguendo il viaggio, mi sono fermata in un paesino che un anno fa non avevo potuto vedere. Allora avevo scelto di fermarmi a Lillianes per conoscere il Monte delle Streghe – il Ciamoseira di cui ho parlato qui – passando accanto alla bella Fontainemore senza fermarmi, ma questa volta ci ho trascorso un po’ di tempo, soffermandomi soprattutto sul suo ponte e sulla sua parte vecchia, silenziosa, abbandonata, eppure ancora viva – oltre che piena di gatti!

Fontainemore e il suo ponte antico

Il Lys e le case antiche, viste dal ponte

Passando oltre l’antico ponte, sotto al quale scorre dolcemente il Lys, si raggiunge la chiesetta, con al suo interno una delle numerose Madonne Nere della zona, e subito dopo si sale per un sentierino che costeggia la sponda del torrente, lungo il quale si incontrano un piccolo lavatoio e alcune case antiche, diroccate ma davvero molto belle.
Il freddo è pungente, e nei punti d’ombra delle rocce coperte di vegetazione, lunghi coni di ghiaccio gocciolano picchiettando sulle pietre del suolo.
Mi siedo qualche minuto su una panchina posta dentro una nicchia che sembra quasi una piccola grotta e ascolto il suono dell’acqua, che fluisce vivace sui grandi sassi nel letto del torrente.

Il ponte antico di Fontainemore

Una delle case diroccate, a picco sul Lys

Tornando sul ponte, ricordo che anche qui esiste la leggenda di una Fata quasi identica a quella di Réchanter, che in questo caso abitava poco lontano, in una grotta nascosta fra le rocce del Gouffre de Guillemore, insieme ai suoi figli-folletti, chiamati orchons.
Si dice che fosse malvagia e che rapisse i bambini, e che per questo motivo era nata una profonda ostilità fra lei e i paesani. Adirata per i continui soprusi, la Fata decise un giorno di andarsene, ma solo dopo aver raso al suolo il paese. Per farlo, creò una gigantesca onda d’acqua sul Lys e la cavalcò, alta e implacabile, ma poco prima di distruggere il ponte abbassò la testa, lasciandolo intatto e scomparendo per sempre.
È possibile che la stessa leggenda esista anche per altri ponti della Valle del Lys, perché lì è molto nota, ed esiste per dare un significato magico e semi-divino a certe violente esondazioni del Lys.

Il torrente Lys visto dal ponte vecchio

Per quanto riguarda il Gouffre de Guillemore, spero di poterlo vedere da vicino prossimamente, nonostante non sia semplice da raggiungere. Spero comunque di trovare il modo di vederlo, magari quando farà meno freddo e la posizione del sole sarà meno inclinata, così da riuscire a illuminare i profondi anfratti della gola e permettere di scorgere le piccole rientranze che secondo la leggenda erano abitate dalla Fata e dai suoi orchons.
Si dice che in passato la gola fosse illuminata, di notte, da tante piccole e misteriose lucine.

Il viaggio continua...

***

Una bella fontana

Note di Viaggio:
Fontainemore è uno dei primi paesini che si incontrano lungo la strada che da Pont Saint Martin porta a Gressoney Saint Jean, ed è subito dopo Lillianes.
La breve storia della Fata del Gouffre de Guillemore è contenuta in Jean Jacques Christillin, Leggende della Valle del Lys, Edizioni Guindani, Gressoney Saint Jean - Aosta, 1990
Qui potete vedere tutte le fotografie scattate durante questa tappa del viaggio:
Fontainemore e il Lys

La Fata Maestra di Issime, e Donnas

La fata tuffò l’estremità della sua bacchetta nella fonte e tracciò il corso che l’acqua avrebbe dovuto seguire scendendo a Valle. Ai piedi della montagna conficcò in terra la punta della bacchetta e l’acqua zampillò sull’erba verde. Quel luogo incantato oggi ha il nome di Fontanachiara.
(Jean Jacques Christillin)

Una parte breve ma per me molto importante del viaggio è stata tornare a Issime, dove un anno fa avevo visto la roccia a forma di becco che spicca sul versante della montagna. La roccia è il Piroubec – ne avevo parlato qui – e secondo la leggenda nascondeva una soglia che conduceva nel cuore della montagna, dove viveva una Fata che aveva donato alle genti del posto una sorgente d’acqua purissima.
Con la sua bacchetta di legno aveva tracciato un solco nella roccia e nel terreno, e da quel solco era zampillata una fonte cristallina che venne chiamata Fontanachiara, la quale donava a chi la beveva chiarezza e guarigione.
Ebbene, nella scuola elementare di Issime è stata installata una splendida statua che rappresenta proprio lei, la Fata di Fontanachiara con la sua bacchetta.

La Fata di Fontanachiara o del Piroubec

La Fata di Fontanachiara o del Piroubec

Immagino quanto sia bello per i bambini vederla ogni giorno, quanto la sua storia debba essere amata e conosciuta da tutti, e mi chiedo se la presenza di una statua che non appartiene a uno dei soliti personaggi storici, ma a una vera e propria Fata, possa farli crescere con una sensibilità maggiore verso la magia naturale, l’armonia, la generosità tipica del mondo sottile e il potere del Dono.
Non posso saperlo, ma al contempo non posso pensare che non sia così. La sua immagine non è solo bella, ma anche potente, e mi rendo conto di quanto quei bambini siano fortunati.
In fondo, anche la Fata di Fontanachiara è una delle loro Maestre, forse quella più importante.

La Fata di Fontanachiara o del Piroubec

Il Piroubec che sorge in alto, proprio alle spalle della Fata

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Ripresa la via in discesa, dopo aver salutato Fate e Diavoli, ho voluto fare un salto alla piccola ma ricca Fiera di Sant’Orso a Donnas. Nonostante fosse un po’ tardi e molti espositori stessero già ritirando le loro elaborate sculture, ho potuto passeggiare piacevolmente lungo la via medioevale e proseguire oltre di essa, fino all’antico arco romano che fa parte della Via delle Gallie.
La Fiera di Donnas precede di un paio di settimane quella molto più grande che sin dal Medioevo viene svolta nel centro storico di Aosta. Sant’Orso è molto sentito e amato in Val d’Aosta, la sua festività cade il 1 Febbraio, e la grande fiera del legno fatta in suo onore è sempre allestita il 30 e il 31 Gennaio.
Tornando a Donnas, ho apprezzato particolarmente il piccolo borgo con le sue lanterne accese e le case di pietra, davanti alle quali sembra di tornare indietro nel tempo.

L'ingresso alla Fiera del legno di Sant'Orso, a Donnas

Splendidi filatoi realizzati a mano

Dopo la lunga giornata mi sono concessa un po’ di riposo in un posto che mi ha colpita per la sua bellezza semplice e rustica. Si tratta del bar dell’alberghetto Au Coeur du Pont, che, carino all’esterno, si rivela un vero gioiello al suo interno. Il caffè, buono e abbondante, viene servito in tazzine bianche a pois rossi, e la torta con la marmellata ai frutti di bosco era veramente squisita.
Mi sono scaldata e riposata, sfogliando le fotografie scattate durante la giornata, e quando ho avuto voglia di affrontare di nuovo il gelo valdostano ho lasciato quel piacevole rifugio a malincuore e mi sono incamminata finalmente verso la macchina… e quindi verso casa.

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Note di Viaggio:
La statua della Fata di Fontanachiara è di bronzo e acciaio, ed è stata realizzata nel 2013 da Antonio De Paoli, grazie al concorso organizzato dal Comune di Issime.
Per saperne di più e seguire le diverse fasi della realizzazione: Artdepaoli – La genesi di Fontanachiara
La leggenda completa, raccolta e trascritta da Jean Jacques Christillin, è riportata qui:
La Fata del Piroubec, di Jean Jacques Christillin, note a cura di Laura Violet Rimola

Qui potete vedere tutte le fotografie scattate durante questa tappa del viaggio:
La Fata Maestra di Issime e la Fiera di Sant’Orso di Donnas