La voglia di compiere questo breve viaggio nella Val Mastallone è nata immediatamente dopo esserci stata la prima volta, alcuni giorni fa. Nel seguire il filo delle ricerche ero infatti incappata in una leggenda, nota come La Stria del Mulinet, che mi ha riportato alla memoria le molte altre simili, lette in più occasioni e provenienti da varie parti d’Europa. Leggende delle misteriose e spesso sconcertanti visite di una strega, o di una vecchia che ben conosce l’arte della filatura, nella casa isolata di qualche donna, che per motivi ignoti ha attirato su di sé l’attenzione del mondo altro. Aver scoperto questa storia in prossimità del solstizio d’inverno, quando secondo la tradizione proprio questo genere di visite – compiute dalla divina Berchta, la Signora di tutte le Filatrici – è molto più frequente e fatidico, è stato per me emozionante e mi ha dato un moto di profonda gioia.
In effetti, il luogo in cui è ambientata la leggenda non è raggiungibile. Si tratta di una minuscola località, chiamata Mulinetto o Molinetto, che si trova fronte alla frazione Selva di Cravagliana, e che ad oggi è una proprietà privata che comprende solo un paio di case abitate. Per questo mi sono diretta a Selva, se non altro mi sarei potuta fare un’idea del posto e del suo paesaggio.
La giornata non era delle migliori, sia io che il mio compagno di viaggio non eravamo in forma, così abbiamo invertito le tappe e ci siamo rintanati subito alla Locanda del Cacciatore, nel carinissimo paesino di Cravagliana, per bere un tè bollente prima di avviarci verso Selva. Ci ha fatto bene, e oltretutto abbiamo ritrovato i Biscutin dal Strii di Fobello, che sono stati ottimi insieme al tè e ci hanno aiutato a rimetterci in sesto – ho amato da morire i Muns al latte di montagna, credo che al momento siano i miei preferiti.
Come speravo, ho avuto modo di chiacchierare con la proprietaria della locanda, che aveva sentito parlare della leggenda e mi ha aiutata a capire alcune delle frasi in dialetto valsesiano che contiene.
È stato un momento molto piacevole, per cui sicuramente, quando ripasserò da quelle parti, tornerò alla locanda a salutare la gentile signora e a prendere un altro delizioso tè caldo con i biscottini della strega.
Lasciata la Locanda del Cacciatore, siamo quindi tornati verso Selva e, parcheggiata la macchina a lato della strada, ci siamo avviati verso la minuscola frazione, raggiungibile solo a piedi. In realtà è molto vicina, per arrivarci occorre solo attraversare un ponte di legno e ferro e salire alcuni gradoni di pietra. Nel farlo, ho ripensato a ciò che avevo letto, e che la signora della locanda aveva confermato, ovvero che Selva non viene mai toccata dal sole, dagli inizi di novembre ai primi di febbraio, per precisione al giorno della Candelora. Solo allora un raggio di sole la sfiora, e comincia a illuminarla, ogni giorno di più, fino al novembre successivo, quando ritorna nella sua irremovibile ombra.
A Selva, tuttavia, ciò che ha attirato la mia attenzione e mi ha condotta in quello stato di sospensione incantata che tanto amo, non sono state le poche case deserte e spoglie, ma il torrente Mastallone, che scorre sotto al ponte.
Per questo, dopo aver perlustrato un pochino i dintorni, sono tornata sul ponte e lì sono rimasta.
L’acqua scorreva bassa fra le distese di sassi asciutti, e dalla poca neve rimasta esalava una foschia bianco-azzurra, quasi luminosa, che lambiva il letto del torrente e si confondeva con le montagne velate. La nebbiolina che sale dalla neve è una delle manifestazioni naturali che amo di più. Mi sono persa a guardarla, mentre si faceva sempre più bianca, e le montagne da azzurre diventavano blu.
Mi riconosco in quella foschia, ho pensato, nella sua sostanza impalpabile, nei suoi colori azzurrini, nel suo muoversi sospesa, fra la terra, l’acqua e il cielo.
Il tempo si è dilatato in quell’attimo. Ho raccolto il mio momento magico, e sono tornata in me. Solo allora sono stata pronta a lasciare il ponte.
Dietro di me, la luna coperta dalle nuvole si è mostrata per un attimo. Un alone di luce al suo apice e un raggio delicato, a indicare la via di casa.
E la Stria del Mulinet? Chissà dove si è nascosta, non sono certa di averlo capito. Ma porto con me questo nuovo volo nella bellezza. E una leggenda che, adesso, ha anche il volto del luogo in cui è nata.
Anche questa volta, sono partita per cercare qualcosa, senza sapere esattamente cosa, e non l’ho trovato. Ma ciò che ho trovato è un riflesso di bellezza nel quale mi sono persa e poi ritrovata.
Del resto, anche se spesso mi inganno nel credere di cercare qualcosa di altro e di diverso, ciò che cerco veramente non è che questo. Il mio momento magico, nel quale volare e del quale, una volta tornata a casa, continuare a sognare.
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ALBUM FOTOGRAFICO
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Di seguito riporto, così come l’ho trovata, la leggenda della Stria del Mulinet. La storia è stata raccolta da fonti orali a Brugaro di Cravagliana nel febbraio 1982. La versione che riporto è stata condivisa da Gianmarco Regaldi. (1)
La Stria del Mulinet
Al Mulinet di Cravagliana viveva una giovane coppia che, per via della posizione isolata, trascorreva le serate di veglia in solitudine: lui a spaccare le noci, lei a filare la canapa.
Durante una di queste serate, una sconosciuta entrò in casa e si sedette sulla panca, restando in silenzio senza rispondere ai saluti e alle domande dei due giovani.
Queste visite misteriose si fecero quotidiane: la donna entrava e si sedeva sulla panca, senza dire nulla.
Una sera mentre la giovane donna era sola in casa a preparare il buiet – una polenta “liquida” con burro – la sconosciuta entrò in casa saltando e cantando a squarciagola:
“Viva la stria del mulinet,
la piss’n terra, la fa buiet.
Rüga rüga con an dì… tasta tasta slè saurì.” (2)
L’uomo e la donna, stupiti, per conforto si dissero che probabilmente quella donna era una pazza vagabonda che gironzolava per i paesi.
Ma le visite continuarono e per questo i giovani sposi iniziarono ad essere inquieti. Siccome la donna misteriosa interagiva solo quando la moglie era sola, decisero di ingannarla: il marito si vestì da donna e si mise a filare con la rocca ed il fuso, mentre lei andò a nascondersi nella camera.
La donna entrò, si sedette sulla panca ed iniziò ad osservare l’uomo goffo e impacciato.
Dopo un po’ disse:
“La fumna da ier sèi, fusi filava, fusi ‘distava. La fumna da stasèi, ‘cinga’ e ‘barcigna’ ma gnanca’n fuso ‘dispigna.” (3)
Si era accorta dell’inganno e si prendeva gioco dell’uomo, che reagì meditando un’altra vendetta.
La sera successiva fecero scaldare il ferro delle miacce e lo appoggiò rovente sulla panca dove solitamente la donna si sedeva.
La donna misteriosa arrivò, entrò e si sedette sulla panca… in un attimo balzò in piedi e scappò fuori dall’uscio urlando dal dolore: “Povra me dal me badess!”.
Ciò nonostante le visite della misteriosa donna proseguirono. I giovani sposi salirono a Brugaro per chiedere consiglio agli altri abitanti. Qui una comare, più astuta delle altre, gli bisbigliò nell’orecchio come fare.
Aspettarono il tramonto con impazienza. La donna entrò e si sedette sulla panca. L’uomo, nascondendo a fatica la sua agitazione, accese la pipa e uscì.
Ad un tratto lui urlò: “Le tombe bruciano! Le tombe bruciano!”.
“E la mia?”, chiese la sconosciuta.
“La tua brucia più di tutte le altre!”, rispose l’uomo.
Allora si udì un gran boato e la donna si avvolse di fiamme e scomparve: Era un pacalacc! Un demonio!
Da quel giorno più nessuno vide la donna misteriosa, che tutti iniziarono a chiamare La Stria del Mulinet.”
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Note:
1. La leggenda è riportata da Gianmarco Regaldi nel gruppo privato Val Mastallone
2. La frase in dialetto valsesiano si traduce così: Viva la strega del molinetto / Piscia per terra, fa la buiet – la polenta / Gira gira con un dito… assaggia assaggia se è saporito.
3.La frase si può tradurre approssimativamente così: La donna di ieri sera, fusi filava, fusi riempiva. La donna di stasera, sbatte le palpebre – ovvero aguzza la vista, si concentra – ma non riempie neanche un fuso.
La Stria del Mulinet, come le altre entità simili, tutte riconducibili alla divina Signora della Filatura della tradizione più antica, osserva infatti la filatura della donna e quella dell’uomo. Le distingue chiaramente e le giudica per quello che sono. L’una abile e sapiente, l’altra goffa e inconcludente. Nulla può ingannare colei che di fusi e filatoi conosce ogni segreto.
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Testo di Laura Rimola. Nessuna parte di questo testo può essere riprodotta o utilizzata in alcun modo e con alcun mezzo senza il permesso scritto dell'autrice e senza citare la fonte.
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