domenica 7 aprile 2019

Mazzè e Caluso. Alla ricerca di Ninfe e Regine

Alcuni giorni fa, approfittando di una giornata fresca e nuvolosa, ma non ancora piovosa, ho finalmente deciso di fare la breve gita che avevo in programma da alcuni mesi in due paesini del Canavese, Mazzè e Caluso. Non sapevo se scriverne o meno qui sul mio diario di viaggio, dato che non ho visto luoghi per me particolarmente interessanti – ciò che era estremamente interessante era altro – però ho deciso di farlo comunque perché è stato un vero e proprio viaggio di ricerca, un’esplorazione che si è svolta non tanto per le strade… ma fra gli scaffali di una piccola biblioteca.
Ciò che cercavo, infatti, erano libri fuori commercio da molto tempo e reperibili solo in alcune piccole biblioteche locali canavesane che hanno molto a cuore le leggende del proprio territorio.
Approfittando del viaggio, però, mi sono annotata qualche posto da vedere proprio nelle vicinanze della biblioteca, così da fare più cose in un giorno solo.
Mi interessava soprattutto l’antichissimo megalite – definito stele funeraria – risalente al VIII - IV secolo a.C., e alcuni particolari esterni del Castello di Mazzè, oltre a un preciso murale di cui ho forse già parlato tempo fa, che si trova nel centro storico di Caluso.

Il megalite dell'Età del Ferro - VIII-IV secolo a.C.

Arrivata a Mazzè nel pomeriggio ho subito visto il megalite, e non appena la biblioteca ha aperto ci ho trascorso un’oretta molto piacevole, facendo ricerca su quei preziosi libri che avevo cercato e anelato di vedere per tanto tempo. Ho scattato fotografie alle pagine e grazie alla giornalaia che lavora proprio lì accanto, ho potuto fotocopiare per intero un libro unico che offre una splendida versione della leggenda dell’antica regina Ipa – che poi era essenzialmente l’oggetto della mia ricerca.
Infastidita da un lieve ma persistente mal di testa, sintomo dell’imminente arrivo della pioggia, ho cercato di fare l’essenziale, senza troppe distrazioni, con calma e tranquillità, e terminata la ricerca in biblioteca – per la quale ringrazio la gentilissima bibliotecaria, che dopo esserci sentite al telefono giorni prima aveva già preparato ciò che mi serviva per darmelo quando sarei arrivata – mi sono diretta al vicino Castello di Mazzè, che sapevo essere chiuso perché privato e in parte abitato, e quindi visibile solo esternamente.

La Torre del Diavolo e la Cappella del Diavolo - Castello di Mazzè

Mi piacerebbe davvero molto visitarlo, ma apre soltanto quattro volte l’anno e occorre addirittura la prenotazione, per cui sapevo di dover rinunciare. Ciò nonostante, ho percorso il suo perimetro esterno e ho potuto vedere ciò che mi interessava, la Cappella del Diavolo del XVIII secolo, con l’affresco di San Michele che uccide il Diavolo, e l’inquietante torretta che sorge proprio accanto alla cappella, forse denominata per questo motivo Torre del Diavolo. Costruita nei primi del 1900 dal conte Eugenio, della famiglia dei conti Brunetta D’Usseaux, è in marcato stile gotico, e ammetto di aver immaginato di veder apparire oltre le sue finestrelle appuntite il pallido volto del conte Dracula.

 La Cappella del Diavolo o Cappella di San Michele 

San Michele che uccide il Diavolo

Mi è rimasta la curiosità, forse ancora più accentuata di prima, di vedere l’interno del castello vecchio, perché ho letto che sono visitabili i sotterranei con le prigioni, la sala delle torture, e alcuni reperti archeologici custoditi in queste stanze. Per questo spero di poterlo visitare in occasione di una delle sue rare aperture.

Mentre il cielo si rannuvolava sempre di più e si cominciava a sentire nell’aria il profumo di pioggia, ho ripreso la macchina e mi sono spostata a pochi minuti da Mazzè, nel paesino di Caluso.
Caluso è infatti il luogo a cui appartiene per eccellenza la leggenda della ninfa Albaluce, e ci tenevo a vedere dal vivo l’unica sua raffigurazione, un murale dipinto nel 2012 dalla giovane Martina Colombo. Grazie ad esso, la piazzetta che lo ospita ne ha preso il nome ed è stata chiamata Piazza della Ninfa Albaluce.

La Ninfa Albaluce, dipinta da Martina Colombo - Caluso

Avevo accennato alla splendida ninfa acquatica Albaluce pochi mesi fa, in pieno inverno, e avevo in programma di andare a vederne il murale non appena fosse arrivata la primavera, che sento come emanazione stessa della sua essenza luminosa: l’alba e il ritorno della luce che fa crescere le viti e maturare i succosi grappoli della sua uva.

Dopo essermi rifocillata con un buon caffè macchiato nel centro di Caluso sono risalita in macchina e ho ripreso la via di casa, mentre le prime gocce di pioggia cominciavano a cadere e la terra secca e bisognosa di umidità si preparava, finalmente, ad essere dissetata.
Tornerò a breve da quelle parti per vedere alcuni scorci che non sono riuscita a vedere la scorsa volta, per ripercorrere certi posti che avevo visitato alcuni anni fa nella vicina Candia Canavese, e quindi per completare l’itinerario di questo viaggio. Spero anche di poter visitare il Castello, non appena sarà aperto, per immergermi finalmente nei suoi antichi e misteriosi segreti.

***

Questa breve gita è solo una piccola parte della ricerca che sto svolgendo su alcune leggende del territorio canavesano. Il resto del “viaggio” non si sposta da qui, poiché si svolge fra le pagine ingiallite dei preziosi libri che sono riuscita a portare a casa in copia e fotografie. Eppure proprio questa caratteristica di viaggio mi ha dato tanto, ed è questo il motivo principale per cui ho voluto annotarlo. Sento molto mia questa tipologia di spostamento, ovvero la ricerca di storie e documenti nelle vecchie biblioteche polverose di qualche paesino sperduto, che potrebbe essere qui a un’ora di strada oppure molto più lontano, in qualche storica biblioteca scozzese o inglese…
Per tanto tempo ho sognato di approdare a quelle terre e toccare con mano libri sui temi che più amo, e sono certa che quando riuscirò a compiere quel passo alcuni dei luoghi nei quali mi perderò saranno proprio le biblioteche…
Questi per me sono i viaggi nei viaggi, quei viaggi in cui lo spostamento in un certo luogo non è che una piccola parte del viaggio stesso, poiché proseguono poi all’infinito attraverso le pagine dei libri che in quel luogo sono conservati da tempo immemore, e che raccontano di altri luoghi ancora, di altre storie, di altri viaggi.
E così con un solo viaggio se ne compiono molti… e se poi lo si racconta, si accompagnano anche coloro che leggono a toccare le stesse sponde, ad ascoltare le stesse storie, a compiere gli stessi viaggi… senza spostarsi di un passo da casa.

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Approfondimento sul Megalite di Mazzè

La stele di roccia gneiss è stata trovata nel marzo del 1988, in occasione di uno degli svasamenti del bacino della Dora Baltea, vicino alla diga di Mazzè. Era inserito insieme a varie pietre di rafforzamento della sponda destra del fiume, e nel corso degli anni molte persone avevano già avuto modo di intravederlo sotto la chiara superficie delle acque.
La stele venne quindi rimossa e studiata, venne approssimativamente datata, e poi venne eretta nella piazzetta del centro di Mazzè.

Il megalite di Mazzè

Non si conosce il suo scopo, anche se si pensa che fosse un monumento funerario. Le cose interessanti sono tre: l’ipotesi della sua originaria ubicazione, sulla cima di un’altura di Mazzè, chiamata Bicocca – in questo caso la stele si ergeva in alto, ben visibile da ogni angolo del territorio; la possibilità che si trattasse di una tomba di una personalità importante per l’epoca in cui venne eretta, oppure il simbolo litico intorno al quale si svolgevano rituali e feste sacre; e la presenza di piccole coppelle e striature lungo la sua superficie. Non solo, il megalite di Mazzè è uno dei tre ritrovati a poca distanza l’uno dall’altro: il secondo si trova nel paesino di Lugnacco, e il terzo a Chivasso. Tre megaliti praticamente identici – quello di Mazzè è il più alto, ma la forma è simile per tutti e tre, e questo suggerisce che anche la loro funzione doveva essere la stessa. Un triangolo sacro, quindi, i cui tre vertici erano segnati da tre pietre alte circa quattro metri, e probabilmente poste su alture.

Una delle piccole coppelle visibile sulla superficie della stele

Possibile che fossero tutti e tre monumenti funerari? Se li si considera singolarmente probabilmente sì, ma presi nel loro insieme potrebbero indicare qualcosa di diverso, potrebbero aver avuto uno scopo diverso ed essere stati dunque legati a particolari rituali, oppure potrebbero essere stati posti nei loro rispettivi punti per indicare caratteristiche sacre del territorio stesso, come convergenze di linee energetiche sotterranee. Una particolarità non unica nelle terre canavesane che di certo merita ulteriori studi e riflessioni.

Testo, ricerca e fotografie di Laura Violet Rimola. Nessuna parte di questi testi può essere citata o utilizzata in alcun modo senza il permesso dell'autrice.

4 commenti:

  1. Grazie Laura per queste ricerche e per la condivisione

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  2. La citazione sul viaggio è sublime, come pure la dolce Ninfa Albaluce, i cui piedi sembrano quasi "caprini" al mio occhio… Mi hai fatto tornare alla mente che lo scorso autunno avevo deciso di visitare una biblioteca locale - proprio vicinissima a me - per approfondire una certa strega di cui ti accennai e tu mi parlasti in merito della Scozia e dell'Irlanda. Credo proprio di aver trovato grazie alle tue parole la spinta ad avventurarmi in questo tipo di viaggio. Grazie per aver condiviso le tue sensazioni, motivanti e nutrienti al contempo. Buon viaggio, e buona ricerca!

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    1. Ne sono felice Margherita! E sono anche curiosa di leggere cosa troverai sulla strega *.* Credo che riportare alla luce queste donne sia sempre una cosa importante, quasi sacra, del nostro cammino in questa vita.
      Ti abbraccio :)

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  3. Ormai sto arrivando anche io alla stessa conclusione, poiché i luoghi che calpestiamo hanno ospitato loro prima di noi, e se vogliamo ricongiungerci all'essenza più pura di ciò che esploriamo chi meglio di queste donne e della loro antica voce potrebbe farci da guida? Ti abbraccio anche io stella***

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