Una casa antica, rimasta pressoché intatta da cinquant’anni, sorge nel centro di Morazzone, un paesino a poca distanza da Varese. È Casa Macchi e la sua storia nasce nel 1800, epoca della quale conserva la tipica architettura. Nel 1898 diviene proprietà di Adele Bottelli, moglie di Giuseppe Macchi, e da allora resterà sempre un rifugio sospeso nel tempo per la famiglia Macchi, che per tre generazioni la abiterà e se ne prenderà cura. Ereditata dall’ultima erede, Maria Luisa, una donna assai bella che decise di non sposarsi e rimanere libera, verrà vissuta da lei fino alla morte dei suoi genitori, di cui si prese cura in quelle stesse stanze. Sarà Maria Luisa, nel 2015, a donarla al FAI prima di ritirarsi in una casa di riposo. Nella sua donazione espresse il desiderio che la casa fosse restaurata eppure mantenuta com’era, così che potesse ricordare il tempo che fu e “dare lustro al paese di Morazzone”. E così è stato.
“Maria Luisa ha conservato il fascino della casa, abitandola con la famiglia per gran parte del Novecento. Le stanze, arredate con i mobili originali, custodiscono un prezioso archivio di famiglia fatto di lettere, fotografie, diari e cartoline che raccontano la storia dei Bottelli-Macchi sullo sfondo delle vicende italiane dal Risorgimento alla Seconda Guerra Mondiale.” (1)
Ho voluto visitare questa casa antica con mia mamma per camminare – letteralmente – in un passato che sembra ancora vivo. È rimasta intatta come allora. Ogni cosa è al suo posto, laddove, dopo essere stata usata quotidianamente, veniva accuratamente riposta. Gli orologi sono fermi, non li si sente ticchettare, né l’alta pendola suona le ore: fa parte dell’incantesimo che ferma il tempo e lascia tutto come deve essere. Una porta si chiude, il piccolo mondo antico si ferma, come assopito, nel silenzio.
Persino la polvere ha il suo significato, vela ciò che è stato, perché nulla venga spostato.
Uno strato di polvere fra i trafori lavorati ad uncinetto dei centrini disegna forme armoniose sull’ebano dei vecchi mobili. Un ricordo impresso nel tempo.
A Casa Macchi si accede dal grazioso emporio, nel quale è possibile acquistare prodotti confezionati alla vecchia maniera, le scatole di latta decorate, quaderni, matite, caramelle e liquerizie. Dalla bottega si entra quindi nel bel cortile della casa, sulle cui mura crescono glicini, vite rampicante, edera e la mia preferita, la rosa canina. In questa stagione è ancora verde ma le sue bacche scarlatte spiccano già fra le foglie. Resteranno solo loro, fra le spine, quando i rami saranno spogli. Promessa di nuova vita dopo la resa e il sonno.
All’inizio della nostra visita veniamo accompagnate da una gentile volontaria nella scuderia, dove è stato allestito un piccolo cinema con panche e sedie di legno e paglia. Qui assistiamo alla proiezione nella quale Casa Macchi viene raccontata in modo poetico ma sobrio dalla grande Lella Costa. La sua voce calda e amorevole ci racconta la storia di questa vecchia casa e di chi l’ha abitata. Persone comuni dell’epoca, niente di straordinario, solo la vita, la vita semplice e genuina, vera.
Dopo aver ascoltato e ammirato il filmato veniamo quindi accompagnate all’interno della dimora, fra le vecchie stanze, e il tempo si ferma, sussulta, e torna indietro.
Io cammino osservando curiosa ciò che vedo, alcune cose mi ricordano mia nonna, ma sono troppo giovane per sapere cosa volesse dire vivere in quel modo. La più entusiasta è mia mamma, che invece ricorda e riconosce. I secchi dove si conservava l’acqua attinta dal pozzo, appesi accanto alla stufa, la cucina a legna, gli scaldini per il letto, perché allora si faceva così, e la notte si dormiva sotto otto strati di coperte. Mentre ci muoviamo per le stanze sembra quasi che sia lei a raccontare alla nostra guida, come si usavano certi utensili. Era una vita più difficile, ma aggiunge, vivevamo bene lo stesso.
Per me è più complicato, e mi rendo conto di quanto siamo fortunati adesso, nonostante spesso ci lamentiamo. Eppure qualcosa mi manca… quella vita era più reale, più genuina, ogni gesto era carico di significato, mai inutile, era sopravvivenza, ed era così perché così era giusto. L’esperienza lo aveva insegnato, e così doveva essere tramandato.
Tradizione, cura, una praticità priva di fronzoli… eppure qualche vezzoso suppellettile bisognava sempre possederlo. Perché la vita è dura, e la bellezza la addolcisce.
Doveva essere una casa vissuta, allegra forse, e sempre piena di cani, perché i Macchi adoravano i cani, specialmente quelli da caccia. Di certo in quel passato li si sentiva abbaiare spesso. Sono ritratti dappertutto: dipinti, fotografie, soprammobili. Erano loro i veri re di casa.
E anche in questo si riflette la vita della famiglia, nelle sue cose più vere e preziose.
Quelle che rendono anche la vita più semplice degna di essere vissuta, e ricordata.
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“Al di là di ragnatele fittissime e polvere di tarli, quel che colpisce a Casa Macchi è la possibilità di cogliere la vita autentica di una dimora che non fu né cascina né palazzo, né ordinaria né straordinaria, ma tipica, tradizionale, semplice, vicina nelle forme e nel tempo, tanto da generare curiosità ed empatia nel visitatore, che qui riconoscerà oggetti e consuetudini in un paesaggio domestico che appartiene alla sua stessa tradizione.” (1)
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Nota:
1. Le citazioni sono tratte dal sito del FAI – Casa ed Emporio Macchi
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ALBUM FOTOGRAFICO
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Note di Viaggio:
La Casa e l’Emporio Macchi si trovano a Morazzone, alle porte di Varese. Per arrivare si prende l’autostrada A8 e si può uscire a Castronno, seguendo poi le indicazioni. Curata e gestita dal FAI, segue gli orari delle altre strutture che ne fanno parte, ed è visitabile dal mercoledì alla domenica dalle 10 alle 18.
Se si desidera visitare la casa con una visita guidata della durata di circa un’ora e mezza – noi abbiamo preferito farci accompagnare solo dalla gentilissima volontaria che ci ha raccontato a grandi linee la storia della casa e delle sue stanze – è meglio prenotarla e informarsi sugli orari fissi nei quali vengono effettuate.
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