sabato 1 novembre 2025

Il Castello di Ussel in autunno

Certi momenti particolarmente difficili nella vita offrono altri momenti, nei quali il sollievo e la leggerezza sono ancora più preziosi e importanti. In questi momenti di respiro, che saranno sempre più frequenti fino al tanto anelato ritorno alla normale – e quanto è straordinaria la normalità in questi casi – vita quotidiana, amo staccare da tutto e volare verso luoghi che, per un motivo o per l’altro, mi chiamano e affascinano.
Uno di questi luoghi, da incontrare rigorosamente in autunno, con il cielo nuvoloso e le foglie dorate, era per me il Castello di Ussel, accanto a Châtillon e poco distante da Saint-Vincent, in Valle d’Aosta. La mia amata, amatissima Valle d’Aosta, che ogni volta mi riempie il cuore e che vorrei vivere più intensamente, fino quasi ad abitarla, prima o poi, da qualche parte.
Ma torniamo a Ussel e al suo castello. L’interno è formato da due spazi su due piani, molto ampi e spogli, ristrutturati e ben curati; vi si espongono mostre durante i mesi estivi, e per il resto dell’anno è chiuso.
Sapevo, pertanto, che lo avrei trovato chiuso, ma viverlo proprio in questo periodo, con questi colori, e con la compagnia che desideravo, era ciò che volevo di più. E non ne sono rimasta delusa.


La costruzione del castello risale alla prima metà del XIV secolo, ed è “il primo esempio di castello monoblocco in Valle d’Aosta (…), un parallelepipedo a pianta rettangolare costruito su un roccione che guarda verso Châtillon e Saint-Vincent.” (1). È unico nel suo genere, ma verrà imitato solo 50 anni dopo dal possente Castello di Verrès. Volle farlo costruire il titolare del feudo di Ussel e Saint Marcel, Ebalo di Challant, e negli stessi anni suo fratello Aimone di Challant fece erigere il poco distante e splendido Castello di Fenis.
Il Castello di Ussel sembra essere stato una dimora signorile, ma col tempo venne adibito a prigione e infine abbandonato. Quando la famiglia Challant si estinse nel 1800, passò ai Passerin d’Entrèves, e quindi venne acquistato nel 1983 da Marcel Bich – l’inventore della famosissima penna Bic – che lo vendette alla Regione Valle d’Aosta perché se ne prendesse cura e lo utilizzasse per eventi culturali aperti al pubblico, come mostre e convegni (2). Ed è così che viene utilizzato ancora oggi, anche se soltanto nei mesi estivi – date le temperature rigide dei mesi più freddi.



Arrivati al parcheggio ci siamo incamminati per il bel sentiero, ammirando i colori dell’autunno e la vista sulle montagne e il sottostante paese di Châtillon. Dopo il primo tratto piano e ampio, il sentiero prosegue in salita, e nei punti più ripidi sono state create delle comode scale che affiancano la stradina di pietra – evitando rovinosi scivoloni quando fanno la loro comparsa ghiaccio e neve. Camminando per il breve ma intenso percorso ho notato tanti piccoli cespugli di assenzio, che forse per le temperature ancora miti erano giovani e rigogliosi. Ho colto qualche rametto da portare a casa ed essiccare, e ancora adesso la tasca della giacca a vento nella quale li avevo riposti profuma di assenzio e mi ricorda luoghi lontani che da tempo desidero ripercorrere.




Il sentiero e la scalinata portano alla base del castello, che si staglia contro il cielo, incombente e, in certe angolature, anche abbastanza minaccioso. Ho cercato di fotografarlo evitando le poco estetiche impalcature dei lavori di ristrutturazione sulla facciata, e mi è spiaciuto non poterne avere un’immagine intera, ma era davvero bruttina.
Alla destra del castello, un ampio prato con belvedere si affaccia sulla catena montuosa, dove si può riconoscere, nascosta dietro i monti, la cara Valtournenche.
Ho esplorato ogni anfratto che mi richiamava, perdendomi a osservare scorci e dettagli, mentre alcuni uccellini, fra cui codirossi e merli, si facevano sentire ma raramente vedere.



È stata una meta breve ma amata, perché quando un luogo supera le migliori aspettative e si rivela più bello e, oserei dire, accogliente, mi entra nel cuore e non ne esce più.
Stando lassù fra le pietre, l’aria era decisamente fredda, così appena scesi ci siamo rifugiati al caldo nel bar Copapan, dove abbiamo bevuto uno dei caffè schiumati migliori di sempre, con croissant al cioccolato e, per me, un fagottino pain au chocolat delizioso.
Il programma era di tornare e fermarci a Bard per vedere il borgo e il forte, ma avendo fatto tutto con sacra calma – benedetta calma, mai scontata ma sempre imprescindibile – il sole stava ormai calando, così abbiamo deciso di rimandare la visita e fare un giretto nelle sue vicinanze. Sono stata felice di tornare nella cara Verrès e fare una passeggiata veloce anche nella stranamente deserta Donnas, così diversa dalla prima volta in cui ci ero stata, durante la Fiera di Sant’Orso.

Dopo una buona cena a Donnas ci siamo quindi infilati in macchina e siamo tornati a casa. Ho guidato in piena pace, mentre il mio compagno di viaggio sonnecchiava sfinito da una lunga giornata.
A guidare il ritorno, anche fra le nuvole, sono sempre le stelle. Sono sempre loro ad accompagnare verso casa, quando ormai è notte e le esplorazioni del giorno sono inevitabilmente finite.
Tengono compagnia, mentre si ricorda con gioia la bellezza che gli occhi hanno accolto e raccolto, e sussurrano che tutto va bene, che casa è vicina, che ogni cosa è ben riposta, nel cuore, e lì riposa, continuando a vivere.


Piccolo rituale serale dopo un viaggio

Nonostante lo abbia sempre fatto, non lo avevo mai vissuto come piccolo rituale, sino a ieri sera. Al termine di ogni viaggio, specialmente quando le temperature sono autunnali e invernali, entrare in casa dopo aver tolto le scarpe, cambiarsi, e mettere su l’acqua per preparare un tè bollente o una tisana rilassante è qualcosa di veramente magico. E poi, sorseggiarlo lentamente è come tornare a casa anche dentro, e coccolare il corpo dopo una giornata magari stancante. Scalda il corpo, il cuore e l’anima, e se ad accompagnarlo c’è una candela accesa, la magia è completa.
Lo dicono anche le stelle, sulla strada del ritorno… e loro non mentono mai.

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Una nota divertente

Cercando qualche fotografia del Castello di Ussel, un paio di mesi fa, ho visto con sempre grande piacere quelle scattate da I Viaggiascrittori che seguo da tanto tempo e ammiro smodatamente. Nel loro viaggio a Ussel avevano scritto che avevano scattato “foto idiote di spalle” lungo la strada, scherzando sul fatto che facessero tendenza. Non so se facciano tendenza o meno, ma la cosa mi aveva divertita tanto, così li abbiamo spudoratamente copiati. E ammetto che a me piacciono pure.
Chiara e Marco, perdonateci, non ho potuto farne a meno!



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ALBUM FOTOGRAFICO

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Note:

1. Tratto da Guida Turistica Aosta – Castello di Ussel
2. Vedi Guida Turistica Aosta – Castello di Ussel e Love VDA – Castello di Ussel

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Note di Viaggio:
Il Castello di Ussel si raggiunge uscendo dall’autostrada A5 a Châtillon/Saint-Vincent e proseguendo sulla sinistra verso Ussel. È importante sapere che, impostando il navigatore, questo definisce la meta raggiunta quando in realtà si è ancora a metà strada. Bisogna invece proseguire fino al paesino di Ussel e posteggiare nel comodo parcheggio del Ristorante Chez Nous. Consiglio pertanto di impostare il navigatore direttamente sul Ristorante Chez Nous. Suggerisco anche di indossare scarpe comode per la salita, brevissima ma abbastanza impegnativa, e non adatta a tutti.
Il castello è aperto solitamente da metà luglio a fine settembre, con varie esposizioni ed eventi culturali, ma per conoscere il periodo di apertura esatto controllare sempre qui: Love VDA – Castello di Ussel

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