lunedì 31 marzo 2025

Le rovine e la torre del Castello di Sopramonte

Probabilmente ricorderò questi piccoli viaggi quando avrò recuperato il benessere del mio corpo, e mi onorerò per averli fatti nonostante i disagi, il fastidio, e a volte il dolore. Mi guarderò indietro e celebrerò la pazienza avuta, con amore.
D’altra parte, quando il risveglio della natura riempie l’aria, è molto difficile stare chiuse in casa, soprattutto durante le giornate del FAI. Questa volta le mete che ho scelto, comode e vicine a casa, sono state solo due, anche per via della pioggia. Una delle due, in particolare, mi aveva molto incuriosita, sia per via dell’accenno a una misteriosa leggenda, sia perché si trattava delle rovine di un antico castello, nel quale era presente un simbolo su cui sto lavorando interiormente in questo periodo, la torre.
Si tratta dei resti del Castello di Sopramonte, a Prato Sesia, risalente a XII secolo, di cui non conoscevo l’esistenza pur essendoci passata sotto svariate volte. La sua leggenda mi aveva affascinata a tal punto da fare diverse ricerche prima di andare sul posto, e da acquistare appositamente un libro, unica copia disponibile, di uno sconosciuto autore pratese ottocentesco. Il tutto per scoprire che con ogni probabilità la leggenda non è altro che un’invenzione recente, in quanto pare non esistere fonte alcuna, a parte il libro suddetto, che però in realtà racconta una storia diversa.


La leggenda dice che nel castello aveva vissuto una bambina, una contessina di nome Beatrice, e che durante un brutale assalto i suoi genitori, per salvarle la vita, l’avevano fatta nascondere all’interno della torre, per poi venire uccisi davanti ai suoi occhi. La bambina nascosta era quindi sopravvissuta e la torre era stata risparmiata dalla devastazione degli invasori. Ancora adesso, è l’unica superstite rimasta pressoché intatta tra le rovine del castello che le sorgeva accanto.
Per giorni ho cercato l’origine di questa storia, quella bimba nella torre mi aveva colpita. Ho recuperato quindi l’unico libro che sembrava potesse contenerla, il romanzo ottocentesco dell’avvocato Anselmo Prato, intitolato Beatrice di Sopramonte, ma leggendone diverse parti mi sono accorta che non aveva nulla a che vedere con essa.
L’introduzione scritta in occasione della sua ristampa del 1982 lo indicava come un romanzo che di storico non aveva nulla, ma che era tuttavia interessante per via delle note storiche contenute, mentre prima ancora, nel 1871, ne faceva cenno con queste parole l’autore Carlo Dionisotti:

Sul colle di Sopramonte (…) che in breve si ascende, e da cui lo sguardo si pasce di gradevole vista, sorgeva un castello costrutto da Bartolomeo Tornielli circa il 1300, di cui si osservano alquanti avanzi, ed una torre isolata. (…) Scrisse una leggenda sul detto castello l’avvocato Anselmo Prato, intitolata: Beatrice di Sopramonte; leggenda immaginaria, in cui si raccontano le vicende di contrastate affezioni.” (1)

Una leggenda immaginaria, dunque, il romanzo Beatrice di Sopramonte, che tuttavia non fa cenno alla Beatrice bambina, in quanto nella storia la contessa è adulta ed è parte di una contrastata storia di forte impronta manzoniana.
Dal momento che la pagina del FAI faceva cenno alla leggenda, ero curiosa di andare ad ascoltare come ne avrebbero parlato, indecisa se mettere in difficoltà i poveri ciceroni con domande scomode su una bibliografia inesistente. Al di là di questo, quelle rovine e quella torre le volevo fortemente incontrare, anche se a malincuore avrei dovuto rinunciare a immaginarci la piccola contessina Beatrice.

Con queste idee per la testa, ho quindi organizzato l’esplorazione, e dal momento che non conoscevo il percorso per raggiungere a piedi il castello – e non sapevo se era adatto o meno per portare con me anche mia mamma – ho deciso di andarci prima del fine settimana, per poi tornarci in occasione dell’evento FAI.
Con il mio compagno di viaggio, arrivati a Prato Sesia, ci siamo dunque incamminati su per la stretta stradina in salita, fra pietre e tratti di fango, che sin dai primi metri si è rivelata abbastanza difficoltosa. Breve ma intensa, come si suol dire. La primavera però aveva in serbo qualche sorpresa che mi ha subito rapito il cuore. Lungo il tratto boscoso erano spuntati fiori selvatici e alcune piantine medicinali che sono stata più che mai felice di trovare. La pulmonaria, con i suoi fiorellini viola e rosa e le foglie maculate, e una piantina che desideravo trovare da un anno, la consolida maggiore, nella varietà gialla femmina. Accanto, tappeti di pervinche, anemoni nemorose e ovviamente primule.
Già solo quel tratto di salita per me valeva il viaggio, così quando abbiamo raggiunto il vasto pianoro di Sopramonte, il mio cuore era già pieno.
Per prima cosa abbiamo incontrato la torre, risalente all’XI secolo, più spoglia di come l’avevo vista in alcune fotografie nelle quali l’erba alta e alcuni alberi, di cui non c’era più traccia, la rendevano simile a un luogo fiabesco immerso nel verde e nel fogliame. Nuda e solitaria, non mi ha trasmesso ciò che speravo, ma una sua particolarità mi ha comunque affascinata. Non è ovviamente accessibile perché pericolante, ma anche se alla base è stata recentemente realizzata una porticina, in origine la sua sola e unica porta di accesso era a circa nove metri da terra, dove più tardi venne costruito il balconcino. Vi era un unico modo per accedervi dall’esterno: chi era all’interno doveva calare le trecce, o meglio, una lunga scala, che poi veniva ritirata al suo interno. La funzione della torre era infatti quella di avvistamento e protezione del luogo. Non vi abitava dunque Raperonzolo con la sua lunga chioma, e nemmeno la contessina Beatrice, ma guardie di protezione, forse poco fiabesche – anche se dipende dai punti di vista – ma quanto mai necessarie per la comunità intera.
Vegliare dall’alto, proteggere, difendere dalle minacce esterne, nobili gesti che spesso vengono sottovalutati o esecrati, ma che non dovrebbero mai venire a mancare.



Lasciata la torre, ci siamo spostati verso le rovine del castello, passando accanto al suo oratorio, la ecclesia Sanctae Mariae de Supramonte, al cui interno sono presenti alcuni affreschi interessanti e la cui prima notizia risale al 1284. È probabile che il santuario originario sia sorto per cristianizzare un luogo dedicato a una divinità delle altezze, che venne assorbita da Santa Maria di Sopramonte. Spostandoci verso il limitare del pianoro, la vista che si apre sulla catena montuosa è bellissima. Davanti a tutti spicca il caro Monte Fenera, mentre una mappa dei monti posta sul limitare dello spazio recintato aiuta a riconoscere le vette più lontane.


Ci siamo fermati un pochino a riposarci, sedendoci sull’orribile panchina gigante – che a mio parere dovrebbe essere demolita insieme a tutte le altre – dove abbiamo mangiato qualcosa prima di riavviarci verso il mondo di sotto.

Ripercorrendo il sentiero in discesa ho colto qualche rametto di pulmonaria e uno solo di consolida, avendo appurato che non sono erbe protette. Le userò per creare una miscela di guarigione da bruciare o tenere vicino in un sacchettino magico.
Prima di tornare a casa, abbiamo fatto tappa in un bar di Romagnano Sesia per rifocillarci con caffè e brioche al cioccolato. Il percorso del castello era chiaramente inadatto a portarci mia mamma, per cui ci sarei tornata la domenica del FAI, in solitaria.

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La domenica, sfidando pioggerella e nuvoloni, sono quindi tornata sul posto e ho ascoltato con piacere ciò che la giovane cicerona ha narrato con passione. Con mia sorpresa e un pizzico di delusione, non è stato fatto alcun cenno alla leggenda della contessina Beatrice. Forse era stato compreso che non era affidabile e quindi si ha preferito evitare di parlarne.
Il tempo passato di nuovo fra le rovine del castello e la torre, con i nuvoloni minacciosi che gravavano su di loro, è stato molto piacevole e suggestivo.



Il Castello di Sopramonte è stato un sito importante per il tempo in cui venne abitato e vissuto. Un luogo di altezza, separato dal mondo di sotto, vegliato e protetto.
Mi ha ispirato spunti di riflessione personali e al contempo ha confermato ciò che sento in merito a ciò che sta accadendo nel mondo attuale. Un punto di vista forse per moltə impopolare, ma giusto per me.

Ringrazio il FAI per aver fatto conoscere questo e altri luoghi, nei quali – come il prossimo – ho personalmente potuto vivere momenti di sospensione e bellezza che mi hanno nutrita e di cui avevo davvero bisogno.


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Curiosità:
Cercando qualche notizia sull’utilizzo pratico della pulmonaria ho trovato questo breve video molto bello nel quale viene spiegato anche il motivo per cui i suoi fiorellini sono sia blu che rosa. La natura è davvero magica. Trovate il video qui: Pulmonaria

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ALBUM FOTOGRAFICO

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Note di Viaggio:
Per arrivare al Castello di Sopramonte raggiungere Prato Sesia e parcheggiare poco prima del campo da calcio. Quindi seguire le indicazioni per Sopramonte percorrendo a piedi il sentiero in salita. Sono raccomandate comode scarpe da trekking: la strada, per quanto breve, richiede agilità e molta attenzione.

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Note:

1. Carlo Dionisotti, La Vallesesia ed il comune di Romagnano-Sesia, C. Favale e Comp. Editori, 1871, pagg. 38-39.

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