Quando fuori piove, e magari tira vento, amo stare ben rintanata in casa, con qualche candela accesa e una tazza di infuso speziato bollente fra le mani. Amo scrivere e lavorare, leggere e meditare in silenzio… qualche volta mi concedo un bel film – natalizio, visto il periodo.
Così i viaggi desiderati e magari programmati vengono rimandati, si fanno da parte e attendono il loro tempo con pazienza e fiducia. Uno dei brevi viaggi che desideravo fare da tempo, era quello ad Aosta, in particolare nel periodo natalizio. Ci tenevo a vedere non solo il bellissimo museo archeologico e le aree antiche come Porta Pretoria e il Teatro Romano, ma anche il mercatino natalizio Marché Vert Noël, con le sue lucine, le casette di legno, le statue degli animali sparse fra innumerevoli alberi di Natale, e ovviamente le creazioni artigianali.
Così il mattino del Solstizio d’Inverno, con un bel sole luminoso, buona energia e intento incrollabile, ho deciso di fare una bella colazione e di partire subito dopo. Controllando le previsioni del tempo ho notato che là il tempo era brutto, ma in miglioramento.
Avrebbe piovuto fino a metà pomeriggio e poi le nuvole avrebbero fatto posto al sole. Poco male, avrei limitato la pioggia, rifugiandomi nel museo archeologico, e ne sarei uscita col sole.
Dopo un’ora e mezza abbondante di strada, ho parcheggiato davanti alla Torre del Lebbroso e, ombrello alla mano, ho cominciato a girare per le vie del centro con la mia stoica accompagnatrice.
Mentre camminavo si è alzato un gran vento gelido, e per qualche istante ho pensato di aver scelto proprio il giorno sbagliato per andare in esplorazione, ma dopo qualche tentativo ho finalmente individuato il museo e, appena entrata, la musica è cambiata completamente.
Il posto era caldo e accogliente e dopo aver pagato il biglietto cumulativo – che comprende anche le visite al Criptoportico forense e al Teatro Romano – ho iniziato la mia visita, subito reindirizzata verso la giusta direzione da una delle guide, perché come mi succede spesso, stavo iniziando dalla fine.
Così mi sono incamminata in un percorso sotterraneo che non avrei mai immaginato mi coinvolgesse e ispirasse così tanto.
Il mio vero viaggio ha inizio qui.
Riproduzione di una Caldaia, al principio del percorso |
Passaggi labirintici fra le antiche mura |
Il percorso si addentra in una sorta di piccolo labirinto, attraverso antichissime mura, reperti, luci soffuse e citazioni di autori antichi e moderni, che accompagnano e invitano a camminare non solo lungo la via tracciata, ma anche e soprattutto dentro se stesse/i.
Dopo pochi passi, ecco la prima frase, nella quale Daniele Manacorda ci dice:
“L’archeologia risponde al nostro bisogno di storia come un’infinita ricerca di noi stessi.”
I passi conducono fra gli anfratti pietrosi, e poco dopo è Omero a prendere la parola:
“Entra, e non aver timore nell’animo:
un uomo che ha coraggio riesce meglio in ogni cosa,
anche se viene da un altro paese.”
Si sale e si scende fra le antiche mura in rovina, passando anche vicino al profondissimo pozzo che faceva parte del monastero delle Dame della Visitazione, o Visitandine, un ordine religioso femminile istituito nel 1631 dalla nobile vedova Cassandre de Vaudan.
Il Pozzo delle Dame della Visitazione Una di loro aveva il compito specifico di badare ad esso |
Ad un certo punto, niente meno che Agatha Christie ci invita a letteralmente guardare in alto, la sua citazione è proprio sopra le nostre teste:
“Gli archeologi guardano solo a ciò che giace sotto i loro piedi.
Il cielo e le stelle non esistono, per loro!”
Davanti alle parole di Platone, quasi mi commuovo, perché aprono mille porte dentro di me, e quel labirinto sotterraneo che piano piano sto percorrendo, assume un significato ancora più profondo.
“L’anima è immortale e spesso rinasce,
ricorda ciò che prima sapeva.
L’anima ha imparato già tutto, l’uomo ricordando una sola cosa,
trova da sé tutte le altre:
il ricercare, e l’imparare
sono in sostanza ricordo.”
Ora comprendo perché il percorso del museo è chiamato anche labirinto di memoria. È esattamente così.
Bellissimo frammento dipinto con volto femminile |
Camminando incontro alcuni reperti che mi incantano. Un frammento dipinto con un volto femminile dalla bellezza indescrivibile, poi una statuetta di bronzo raffigurante Giunone in piedi su di un cervide – forse un’eco interpretata dai romani della misteriosa Dea Cervo di cui si rileva traccia in diverse zone d’Europa – poi la figurina di una offerente, e ancora, due steli dedicate a Fortuna e alle Matronae.
In una stanzetta a parte c’è un grosso sarcofago sul quale è inciso il nome di colei che vi riposava:
Octaviae Elpidiae, Sacerdotessa delle Imperatrici.
Ecco, il sacro femminino che emerge dal grembo della terra.
Davanti ad esso il cuore mi si riempie sempre di commozione, bellezza e gratitudine.
Continuando a camminare, molto lentamente, scopro due voci lontanissime, eppure adesso tanto vicine. Ovidio e, proprio accanto, Mary Daly.
Quella di lei ricorda un passo del suo libro Quintessenza:
“Dopotutto sono anni ormai che evoco Antenate del Passato, Presente e Futuro, e perché dovrei sorprendermi se una sorella del Futuro ha iniziato a invocarmi per farmi apparire nel suo tempo? Bisogna solo abituarsi all’idea.”
E Ovidio tocca l’anima:
“ ‘Rivelaci, o Dea,
come si possa rimediare alla rovina della nostra stirpe
e soccorri, tu così mite, il mondo sommerso.’
Commossa la Dea sentenziò:
‘Andando via dal tempio, velatevi il capo, slacciatevi le vesti
e alle spalle gettate le ossa della grande madre.’ ”
Uno dei messaggi che si incontrano fra le mura |
Mi chiedo come sia possibile tanta bellezza davanti agli occhi, e quanto ci sia di profondamente attuale nelle parole che Ovidio scrisse secoli fa.
Questo museo è incredibile, e questo labirinto è un percorso dell’anima, inaspettato e toccante come non avrei mai immaginato, penso mentre raggiungo la parte più ricca di reperti.
Un una piccola stanza una voce femminile ripete, a intervalli regolari, una frase tratta da un’antica iscrizione funeraria romana, mentre su un piccolo schermo compare l’immagine di una lucerna accesa, dalla fiamma tremolante:
“Riposa viandante sull’erba verde
E non fuggire
Se un’ombra comincia a parlare con te.”
Passo oltre, lievemente ubriaca di bellezza.
Ricostruzione di un Thermopolium, dove si distribuivano cibi e bevande calde |
Trascorro qualche minuto a fotografare le vetrine, e anche i fogli plastificati raccolti in una cassettina, dove sono descritte tutte le divinità presenti fra i reperti della zona aostana, anche solo nei loro simboli più sacri. Emergono allora Luna, Iside – un reperto a forma di uccello con testina antropomorfa richiama proprio lei – Venere, Diana, le già citate Matronae e Giunone, e la misteriosa Tutela, “divinità protettrice di sesso indefinito, (…) spesso confusa con i Lari e il Genio, che sostituì nel culto domestico, e anche con la Fortuna. (…) La divinità è rappresentata in Valle d’Aosta da un unico rinvenimento, un bronzetto venuto alla luce sul sito del Gran San Bernardo che rappresenta la dea, in piedi, avvolta in una tunica stretta sotto il seno. L’iconografia è molto diffusa in ambiente gallico.”
Sono presenti anche divinità maschili, Giove soprattutto, ma io prediligo il lato femminile del divino, e lascio che siano queste dee così armoniose e belle ad avvolgermi e a guidarmi.
È la loro voce, più di ogni altra, che voglio ascoltare.
Una delle due Steli antropomorfe presenti nel museo, provenienti dalla vicina area megalitica di Saint Martin de Corleans |
Stanza dopo stanza, il percorso finisce. Il tempo è volato, ma io non sono ancora sazia. Vorrei ricominciare tutto da capo, vorrei scendere di nuovo le scale, immergermi fra pietra e memorie e rivivere tutto, ma vivo in perenne ritardo e gli orari di chiusura sono costantemente miei nemici. Così lascio il museo a malincuore.
Non essendoci tempo per visitare il Criptoportico, mi tranquillizzo all’idea che ci tornerò, e approfittando proprio del biglietto cumulativo, rivedrò il museo e proverò a sperimentare ancora, e meglio, il suo percorso.
Nel frattempo, fuori la pioggia è cessata, il cielo è quasi sereno e la temperatura è calata di diversi gradi. Il mercatino di Natale ci aspetta. Ma prima, una sosta golosa nel bar, scelto in precedenza fra mille, per mangiare un bel toast e bere un caffè bollente.
Il JàJà Café, nel centro di Aosta |
Il JàJà Café, nel centro di Aosta |
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Note di Viaggio:
Il Museo Archeologico Regionale di Aosta si raggiunge dal centro della città e si trova in Piazza Roncas. Durante l’orario invernale è aperto fino alle ore 18, mentre in primavera ed estate la chiusura è alle 19. Il biglietto cumulativo, acquistabile solo al Museo, comprende anche le visite al vicino Criptoportico forense e al Teatro Romano.
Qui potete vedere tutte le fotografie scattate durante il viaggio:
Museo Archeologico Regionale di Aosta – Il Labirinto
Museo Archeologico Regionale di Aosta – Reperti e sacro femminino
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