giovedì 30 agosto 2018

Le Grotte di Ara

Certe volte non siamo noi a cercare un posto, ma è quel posto a cercare noi.
E questo è quello che mi è successo con Ara e le sue magiche grotte. Una scoperta inaspettata, poco lontano da casa, e l’immersione in un regno antichissimo fatto di acque e rocce, di antiche divinità femminili ed eco di un passato che qui sembra essere rimasto vivo, scolpito nella pietra come i segni che sono rimasti inalterati, per ricordarlo.
Per diverso tempo ho mantenuto segreta la scoperta di questo posto. Era troppo sacro per me, e soprattutto sentivo che non desiderava essere disturbato più di quanto fosse già.
Ci andavo da sola, percorrendo il sentiero punteggiato di pervinche, di anemoni dei boschi, ranuncoli, veroniche persiche e margherite, e raggiungevo il meraviglioso Giardino delle Grotte, mentre il canto dell’acqua si faceva via via più forte per la presenza della piccola cascata e dello scorrere vivace del torrente Magiaiga. E una volta arrivata nel cuore del giardino, tutto ciò che c’era fuori scompariva, e restava solo la sua bellezza, con il suo arco di pietra, l’acqua che vi scorre attraverso, lo stretto e luminoso cunicolo che ricorda l’utero della Madre Terra, e la fenditura nella roccia, dove ancora oggi la statua di una santa sconosciuta veglia sulle Grotte – “a testimonianza del sacrum continuum ovvero il perpetuarsi della tradizione religiosa in un luogo di culto arcaico” – e ricorda la dea acquatica che l’aveva preceduta, e che, sono certa, viva ancora lì.
Sedersi sull’erba umida, oppure esplorare ogni cunicolo, con i piedi immersi nell’acqua gelida e solleticati dai sassi, trasmette una rigenerazione profonda e una grande pace.
Non credo che siano rimasti molti posti come questo, santuari naturali preservati e rimasti quasi invariati da millenni, dove si respira la stessa aria e si ascoltano gli stessi suoni da tanto, tanto tempo.


All’ingresso del Giardino delle Grotte, un cartello racconta la storia del luogo:

“In un vecchio manoscritto, un cultore di storia locale così definiva le Grotte di Ara: Tempio delle fate, grotta delle sirene, luogo prediletto dalle sibille. Queste parole racchiudono un’antica tradizione che lascia supporre il ricordo di arcane pratiche magico-rituali, conservate nella memoria collettiva, testimoniate anche dalla pratica di raccogliere i sass bianc, ovvero le quarziti dall’alveo del torrente Magiaiga, dove defluisce dalle grotte per trarre da queste pietre energia e benessere. Queste grotte hanno sempre esercitato un fascino particolare e un’attrattiva, non solo come meta di passeggiate ma anche come luogo salutifero dove di portavano d’estate i bambini gracili affinché si fortificassero.”


E ancora:
“La grotta, originariamente chiusa come testimonia il grande arco rimasto, divenne con molta probabilità un luogo sacro con tutte le connotazioni di un santuario delle acque, ipotesi suggestiva e preludio a nuove ricerche. Probabilmente in epoca preromana e romana, in questo sito si svolgevano pratiche rituali legate all’elemento femminile e vitale per eccellenza: l’acqua. In particolare nelle nostre zone e sul Monte Fenera il culto delle acque e delle rocce si diffuse principalmente nella media età del bronzo (circa 3700-3500 anni fa).”


Dopo aver scoperto le Grotte di Ara, ed avervi trascorso qualche ora in completa pace, ho sentito la necessità di approfondire le ricerche sul posto.
Ho avuto la fortuna di incontrare e conoscere l’archeologa che si era occupata del recupero e della successiva conservazione del sito, la dottoressa Oliviera Calderini, e davanti a un buon tè caldo l’ho ascoltata raccontarmi, con gli occhi brillanti, la storia del posto, di come l’avesse scoperto, di come fosse malmesso e abbandonato a se stesso, e di come se ne era presa cura insieme ai suoi collaboratori, per ripulirlo e renderlo accessibile a tutti, così che la sua storia non si perdesse.
Quasi sottovoce, come se rivelasse un gran segreto, mi aveva raccontato della cupola seminascosta che rivela un foro, probabilmente usato come "orecchio oracolare" dal quale venivano ascoltati i responsi delle sacerdotesse-sibille che abitavano il santuario, e della raccolta rituale delle quarziti, i sass bianc, che erano considerati curativi.


Eppure ancora un piccolo tassello mancava alla mia ricerca: una prova che il sogno fosse reale. Sapevo che dalle grotte del Monte Fenera – letteralmente il monte delle fate – dove si trova Ara e altri piccoli paesi, erano stati raccolti alcuni reperti, conservati nel Museo Archeologico di Borgosesia, e speravo di trovare qualche piccola testimonianza dei culti femminili che ivi venivano celebrati. Era una speranza, quasi una fantasia, ma non avrei pensato di trovare esattamente ciò che stavo cercando. Nel Museo è infatti esposto l’unico frammento rimasto dell’unica statuetta votiva rinvenuta sul posto: la testina di una statuetta femminile.
Non solo. Questa è anche la più antica testimonianza del culto del sacro femminino in Piemonte, perché risale al V millennio a.C.


Il cerchio si è chiuso, e il viaggio è stato davvero intenso ed emozionante, spesso commovente, quando le intuizioni trovavano immediatamente riscontro nella realtà e la natura del luogo si rivelava per ciò che è sempre stata. Un santuario delle dee e delle fate, delle sirene e delle sibille, frequentato da sacerdotesse che offrivano rituali acquatici, guarigione e responsi profetici, e dove la Dea Madre venne sostituita dalla misteriosa santa che, ancora oggi, veglia e protegge le Grotte di Ara.


Note di viaggio:
Questo viaggio-ricerca è iniziato nell’aprile 2014 e si è dispiegato nei mesi e negli anni successivi.
Le foto che ho scattato, nelle diverse volte che ci sono stata, sono raccolte qui: La Dea Madre nel Nord Italia - Grotte di Ara
Le grotte di Ara si trovano ad Ara, frazione di Grignasco, in provincia di Novara. Se volete visitarle, fatelo nel modo più delicato e rispettoso possibile.
I brani riportati fra virgolette sono a cura del Parco Naturale del Monte Fenera.

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