I giorni passati sono stati, e in parte sono ancora, complicati, e alcuni viaggetti che avrei voluto compiere sono dovuti passare in secondo piano. Quando il corpo necessita di qualche cura, e di pazienza, non è possibile fare altrimenti, così ne ho approfittato per lavorare e per leggere alcuni libri, cominciando ad approfondire alcune tematiche e quindi a prepararmi a ciò che verrà. Un giretto breve tuttavia sono riuscita a spuntarlo ieri, approfittando della bella giornata. Proprio un paio di settimane fa, tornando da Levone, ero infatti stata, di passaggio e senza averlo programmato, a Ivrea, e appena tornata a casa avevo fatto qualche ricerca per vedere cosa di bello poteva offrire, seguendo rigorosamente la mia ispirazione.
Ci era stato consigliato caldamente di visitare la cattedrale, dedicata a Santa Maria Assunta, ma non avevo idea che nascondesse una misteriosa e splendida cripta, nella quale da poco erano stati scoperti e riportati alla luce alcuni frammenti di affreschi quattrocenteschi a dir poco interessanti.
E soprattutto, ho scoperto che proprio a pochi passi dal centro città, salendo per una stretta e tortuosa stradina, si avrebbe raggiunto niente meno che il piccolo Monte Stella con il suo Santuario dedicato alla Madonna della Stella, o meglio, alla Regina Montis Stellæ.
Ho quindi scelto di seguire quella che era stata, in principio, la mia via ispirata. Per quanto spenta, o invisibile ai miei occhi e rifiutata, infatti, non ha smesso di comparire sui miei passi, e di ricordare come era nata dentro di me, quando ancora nessuno poteva saperlo.
Nonostante questo devo dire che il viaggetto di ieri non mi ha entusiasmata, forse non sono stata capace di cogliere ciò che c’era, o forse semplicemente non c’era nulla che io potessi cogliere. Ma sono contenta di averlo fatto, di aver impresso sensazioni e immagini nella memoria dei passi e degli occhi, e quindi di aver socchiuso porte attraverso le quali, col tempo, potrà forse arrivare qualcosa di altro.
Partita da casa un pochino tardi – con mia mamma che si è subito accodata – avevo deciso di dare la priorità alla cripta della cattedrale, ed eventualmente di lasciar perdere il Monte Stella – sarei magari tornata in un altro momento. Ma a volte non siamo proprio noi a decidere, e anche se è stato un caso, mi ha fatta sorridere. Avevo infatti impostato il navigatore per la destinazione giusta, credendo che fosse la prima della cronologia – controllo sempre i percorsi prima di partire – ma distratta dalla strada non mi ero accorta che la prima della cronologia non era la meta che pensavo. Così, quando inaspettatamente mi sono trovata sul Viale Monte Stella, con la voce del navigatore che mi diceva di svoltare a destra e imboccare la stretta stradina che portava appunto al Monte Stella, mi sono arresa, ho sorriso, e mi sono detta va bene, hai vinto tu.
La salita è un pochino complessa ma breve, ed è come se in un attimo si abbandonasse il trafficato centro città e ci si ritrovasse in un posto completamente diverso, con gli alberi trafitti da lucentissimi raggi di sole, il canto degli uccellini, le taccole che volano alto, sulla cima dei tetti e del campanile.
Lasciata la macchina nel comodo parcheggio, abbiamo raggiunto la chiesa a pianta circolare, che sorge accanto a un edificio più modesto che però pare essere quello più antico. Sulla sua facciata è ancora visibile una lunetta affrescata nella quale la Madonna col Bambino sembra insegnare e trasmettere conoscenza a coloro che, inginocchiati a semicerchio attorno a lei, ascoltano.
La chiesa, edificata solo nel XIX secolo, è modesta. Ammetto che non mi ha comunicato nulla. A essere interessante è l’immagine posta sopra l’altare. È incorniciata come fosse un dipinto ma si tratta di una piccola porzione di affresco, sulla quale sono ancora visibili i buchi dello scalpello. Si dice rappresenti la Madonna Nera di Oropa, ma questa identificazione non è certa. La Madonna affrescata infatti ha la pelle chiara, anche se la posa e gli attributi richiamano quelli della sua sorella biellese.
Mentre esploravo la chiesetta, in qualche saletta laterale erano in corso le prove di canto gregoriano, così è stato bello ascoltare l’eco lontana di quelle voci modulate e intense.
Uscita dalla chiesa ho proseguito verso la cima del Monte Stella, poiché quella era la vera meta dei pellegrinaggi, nonché delle prime funzioni religiose. Lì sorge una cappella, ora dedicata ai Tre Re. Le sue celebrazioni più importanti venivano svolte non a caso durante l’Epifania.
Inizialmente, era proprio la Cappella dei Tre Re ad essere visitata come piccolo santuario dedicato alla Madonna della Stella, o semplicemente, alla Stella. Per via della difficoltà nel raggiungerlo, e della più recente costruzione della comoda chiesa sottostante, si decise tuttavia di spostare là le funzioni più importanti, dedicando la chiesa nuova alla Madonna della Stella e portandovi l’affresco prelevato dalla cappella. Di lì a poco, la cappella in cima al monte venne abbandonata.
Qualcuno sostiene che su una pietra alla sinistra della cappella siano state incise coppelle e segni celesti in epoca celtica, senza tuttavia documentare alcunché. Questa possibilità mi aveva entusiasmata, e sono andata apposta per toccare con mano la pietra e provare a capire, ma devo dire che ho molti dubbi a riguardo. Guardando con attenzione e spirito critico, si nota che i fori sono troppo profondi per essere coppelle scolpite a mano, sono tutti uguali e perfettamente regolari, come se a farli fosse stato qualche strumento o macchinario più o meno moderno. Non saprei cosa dire, invece, delle linee incise. Magari sbaglio, e magari qualcuno saprà spiegarmi ciò che non conosco, ma temo non vi sia nulla di realmente antico o misterico sulla pietra accanto alla Cappella dei Tre Re.
Questo però non significa affatto che lì non vi fosse nulla di sacro in epoca precristiana, al contrario. Intanto, un masso molto grande sorge a fianco alla parete laterale dell'edificio – a ricordo di quelli di Oropa – e poi è risaputo che la costruzione di cappelle, chiese, santuari e percorsi della via crucis sopra certi monti o colline, il più delle volte – se non tutte – nasconda la presenza di culti precedenti, spesso legati proprio a divinità assimilabili alle figure cristiane alle quali tali santuari vennero in seguito dedicati – così che il popolo non trovasse troppa differenza con le proprie divinità e potesse continuare ad adorarle nelle loro nuove sembianze.
Un monte attorno al quale è sorta una città doveva essere importante. La sua dedica alla Madonna della Stella, o semplicemente alla Stella, potrebbe rivelare che, sulla cima di quell’altura, si onorassero le sorgenti della luce notturna, le stelle. E forse una divinità femminile legata alle stelle, stella lei stessa, come poteva esserlo Diana o una simile divinità luminosa che la interpretatio romana volle identificare con lei. Magari legata anche al tempo solstiziale e quindi natalizio.
Il luogo è infatti legato in particolare alla Stella che apparve nel cielo dopo la natività, e quindi all’Epifania. I Tre Re furono guidati dalla Stella verso la capanna in cui si trovava il bambino divino, e alla Cappella dei Tre Re sul Monte Stella per molto tempo vennero svolti pellegrinaggi e celebrazioni nel periodo di Natale e dell’Epifania. All’interno della cappella, i fedeli trovavano ad attenderli l’affresco della Madonna col capo attorniato da piccole stelle dorate. Furono loro a chiamarla Madonna della Stella. E lei era lì per loro, a guidarli, sorridente, accogliente, luminosa. Come forse lo era, prima di lei, la dea-stella che lì era onorata.
Forse i segni impressi sulla pietra non hanno nulla a che fare con i culti precristiani, ma è lecito pensare che su quell’altura si onorassero le costellazioni, che si osservasse il movimento delle stelle nel cielo notturno, e si traessero auspici. O che semplicemente si lasciassero offerte e si svolgessero riti misterici e incanti legati alla sfera celeste, notturna, stellare.
Con questi e altri pensieri che si rincorrevano nella testa, ho vagato ancora per un pochino fra le rocce, scattando qualche foto al paesaggio e al lontano castello di Montalto Dora. Poi sono scesa, lentamente, godendo della luce del sole e dei colori fiammeggianti che spargeva tutt’intorno.
Ripresa la strada, in pochi minuti abbiamo raggiunto la cattedrale, che sorge accanto al grande e imperioso castello sabaudo. Temevo di non fare in tempo a visitarla ma per fortuna era ancora aperta. Entrata, l’ho trovata semi buia – le luci più grandi forse vengono accese solo di domenica o durante le messe – e un pochino inquietante. Ho percorso le navate oscure e deserte e, a istinto, mi sono diretta verso la direzione nella quale si trovavano proprio le scale di pietra che portavano alla parte che mi interessava di più, la cripta. Un signore in preghiera – forse il responsabile della chiesa – ha avvisato gentilmente che stava per chiudere, ma ci ha lasciato il tempo di esplorare quel piccolo e misterioso mondo sotterraneo.
La cripta, con le sue luci calde a illuminarne il centro e alcuni anfratti, nasconde qualche perla scoperta solo una ventina di anni fa. Grazie a un’opera di restauro, hanno provato a cercare sotto gli intonaci se fosse rimasto qualche affresco, e qualcosa effettivamente è emerso. Una raffigurazione molto antica di San Gaudenzio, per cominciare, e altri frammenti nascosti nelle nicchie oscure. Ma soprattutto – ed era ciò che ci tenevo a vedere – un arco affrescato con una Vergine del Latte, con accanto alcuni santi, ovvero San Sebastiano, Sant’Antonio Abate, e il caro San Cristoforo con i suoi pesci – questa volta sprovvisto della bella sirena bicaudata.
Ho trovato suggestiva la presenza della Madonna del Latte all’interno di una cripta nella quale per lunghi anni giacevano sepolti nei sarcofagi i vescovi e religiosi del luogo. Come a nutrire di latte i morti per indurli alla rinascita.
L’arco della porta accanto, al di là dell’antico sarcofago romano di Caio Atecio Valerio che conterrebbe le reliquie di San Besso, mostra invece un’altra Madonna con Bambino, dallo stile di poco più antico.
Lasciata una piccola offerta, come mi piace sempre fare, siamo quindi uscite, accompagnate dal gentile responsabile e scambiando con lui qualche parola. Mi ha consigliato di andare al Monte Stella – fosse mai che non lo avessi capito, ho pensato sorridendo. Ci sono appena stata, gli ho risposto.
Se tornerò nel duomo cercherò il mosaico con le Arti liberali – Matematica, Filosofia, Dialettica, Geometria e Aritmetica. L’ho scoperto dopo esserci stata – nella chiesa semioscura, senza sapere che ci fosse, non l’ho proprio visto – e lo trovo bellissimo.
Finite le tappe che mi ero prefissata, è arrivato il momento di rifocillarsi, e dato che avevo voglia di rivedere la Dora e di scattare qualche fotografia nel crepuscolo, sono tornata al bar La Meridiana, dove ci siamo godute un tè bollente e un tagliere di squisite leccornie.
Rigenerate, abbiamo quindi ripreso la via di casa, sotto una luccicante luna crescente. Al suo fianco la sua eterna compagna, la stella della sera.
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ALBUM FOTOGRAFICI
Il Monte Stella e Ivrea
La Cripta della Cattedrale di Ivrea
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