Bianca Maria Gaspardone – o Scapardone – era nata a Casale Monferrato tra il 1499 e il 1501, e ancora bambina, nel 1513 – nella migliore delle ipotesi aveva 14 anni – era stata data in moglie a un uomo di vent’anni più vecchio di lei, Ermes Visconti. L’uomo era molto geloso, perché Bianca era talmente bella che nessuno ne restava indifferente, e lei, tutto sommato, se ne compiaceva. Dopo soli sei anni di matrimonio, il marito venne giustiziato al Castello di Milano, e la giovanissima vedova, già ricca di famiglia, ereditò le ancora più grandi ricchezze del marito.
Ben presto venne chiesta nuovamente in moglie, e la sua scelta cadde sul ventenne valdostano Renato di Challant. I due sposi andarono ad abitare al Castello di Issogne, dove però la contessa non era felice e molto si annoiava. Il marito, infatti, era sempre lontano da casa, e quando seguì in battaglia Francesco I di Francia, Bianca se ne tornò nel Monferrato, dove condusse una vita molto libera e vivace, allietandosi della presenza di molti amanti. Con uno di questi, Ardizzino Valperga di Masino, intrattenne una relazione di più di un anno, ma quando scelse di lasciarlo per un altro uomo, il nobile ne fu talmente indignato, e tale fu la sua rabbia nei confronti della donna che la diffamò pubblicamente, più e più volte, e per diverso tempo seguitò a oltraggiarla, a insultarla e a biasimare la sua condotta – che pure gli era stata di gradimento, sinché era stato lui stesso l’oggetto del suo amore. Bianca Maria, esasperata e forse più abituata a ricevere complimenti piuttosto che ingiurie, pregò il suo nuovo amante di uccidere Ardizzino, ma questi rifiutò. Poco tempo dopo, avendo incantato con la sua bellezza un altro amante, rivolse a questi la stessa richiesta, e il giovane accettò immediatamente, poiché era lieto di assumere il ruolo di salvatore della donna. Uccise il vecchio amante respinto e suo fratello, ma questa fu l’inizio della fine.
Udita la notizia, il precedente amante di Bianca, che aveva rifiutato la sua richiesta, comprese che la mandante dell’omicidio non poteva che essere lei, e così la denunciò al connestabile Carlo di Borbone.
Bianca Maria venne arrestata, e insieme a lei vennero imprigionate anche due sue ancelle, che la difesero e che per questo vennero sottoposte alle peggiori torture. Evidentemente le confessioni strappate con la tortura non bastarono a condannare Bianca Maria - inoltre una delle due ancelle morì proprio a causa dei tormenti subiti - e non essendoci prove certe per incriminarla, le accuse stavano per cadere quando fu lei stessa, forse morsa dal rimpianto, a scrivere una lettera al Borbone, nella quale confessò la sua colpa.
Il 20 Ottobre del 1526 la bellissima Bianca Maria di Challant venne quindi condotta nel rivellino del Castello milanese di Porta Giovia – adesso il Castello Sforzesco – e qui venne decapitata.
La leggenda narra che il fantasma della Contessa compaia nell’ala ovest del Castello di Issogne, dove aveva vissuto nei primi anni del suo secondo matrimonio, trattenendo fra le mani la testa mozzata; mentre testimonianze meno macabre affermano che lo spirito appaia in certe notti d’estate nel cortiletto del castello, accanto alla bella Fontana del Melograno, oppure lungo i corridoi e sui camminamenti, dove incede elegante e bellissima. Si dice che ancora oggi seduca gli uomini che visitano il castello, dispensando dolci baci sul collo e sulle labbra, così come ardite carezze…
La Fontana del Melograno nel cortile del Castello |
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Leggendo vari articoli che parlano della contessa Bianca Maria di Challant, per cercare di trarre gli avvenimenti più realistici e storicamente documentati, non ho potuto fare a meno di notare una certa malizia, o meglio, un marcato giudizio maschilista, in molti di essi.
Per via della sua vita sentimentale vivace e libera, la contessa viene spesso posta in cattiva luce, tanto che si lascia intendere che la sua morte sia stata in un certo senso cercata.
Eppure nessuno si sofferma sul fatto che sia stata data in moglie che era ancora bambina a un uomo maturo, e che di certo anche i suoi due mariti non abbiano mancato di concedersi voluttuose relazioni con delle amanti. Eppure il fatto che lo facessero loro è considerato normale, mentre Bianca Maria di Challant venne definita in modi spregevoli, e tutt’ora viene trattata con un sottile disprezzo.
Ciò nonostante, la sua morte rattristò molte persone, e al di là dei giudizi che ella subì in vita, rimase amata agli occhi delle genti.
La sua storia mi ha intenerita, e rappresenta in un certo senso la storia di tutte quelle donne che desiderano vivere senza legami una vita sessualmente e sentimentalmente libera, senza per questo venire oltraggiate e senza dover arrivare ad essere talmente esasperate da escogitare la morte di qualcuno.
Se Bianca Maria non avesse scritto per sua scelta la lettera che servì per condannarla a morte, sarebbe stata rilasciata e avrebbe potuto tornare alla sua vita. Eppure è proprio questo suo ultimo gesto, profondamente onesto e umile, che descrive il suo modo d’essere più vero: quello di una donna di buon cuore, che voleva scegliere per se stessa e che desiderava soltanto l’amore. Amore che lei dona ancora oggi a coloro che la vedono apparire accanto alla Fontana del Melograno, quando la luna brilla alta nel cielo, dispensando dolci baci e languidi sguardi poco prima di scomparire come un leggero velo di bruma.
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Fonti:
Enciclopedia Treccani
La Repubblica
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