giovedì 28 marzo 2024

Il Lago di Sant'Agostino, fra Sabba di Rospi e di Streghe

A volte succede che tutto ciò che era stato programmato venga in un istante abbandonato per seguire l’ispirazione, il richiamo del momento presente, che spinge a cambiare strada, a compiere una deviazione sul cammino, per andare a incontrare qualcosa di diverso, o qualcosa di dimenticato che inaspettatamente torna alla memoria.
Così è nata la piccola escursione al Laghetto di Sant’Agostino, tra Roccapietra e Quarona, in Valsesia. Era da molti anni che volevo conoscerlo, ma non lo ricordavo nemmeno più. È bastato sentirne parlare per risvegliare il desiderio – quasi la necessità – di andare finalmente a incontrarlo.
Così domenica scorsa, incoraggiati da una splendida giornata di sole, io e il mio compagno di viaggio siamo partiti verso la amata valle. Giunti a Roccapietra, ho lasciato la macchina e, dopo poche decine di metri è iniziato il cammino verso il lago e i suoi misteri.

La caratteristica più affascinante del Laghetto di Sant’Agostino è che durante le prime settimane di primavera, tradizionalmente fra la Domenica delle Palme e quella di Pasqua – a regola di cristianizzazione – vi si radunano migliaia di rospi che restano per circa due settimane sulle sponde umide e melmose per la fecondazione. Un’altra tradizione vuole che vi si riuniscano durante la terza luna piena dell’anno.

Domenica scorsa non era solo la Domenica delle Palme, ma anche il terzo plenilunio, così ho pensato che fosse il momento perfetto per intraprendere l’esplorazione. Ero molto fiduciosa che il lago fosse pieno di rospi, così pieno di rospi che, come una gentile signora mi aveva raccontato il giorno prima, bisognava stare attente a dove si mettevano i piedi.
Tuttavia i pudici rospetti hanno pensato bene di rimandare l’accoppiamento, forse a causa delle piogge e del freddo in arrivo, e così con mia amara delusione, non se ne visto nemmeno uno.
Oltretutto, il percorso si è rivelato più faticoso e complesso del previsto, con alcuni tratti di pietraia che non avevo mai affrontato, per i quali non ero attrezzata, e che sono stati per me abbastanza traumatici. Devo però dire che con equipaggiamento giusto e mente preparata, è davvero molto bello, soprattutto perché custodisce alcuni tesori antichi e ricchi di magia.

Solitamente l’escursione viene descritta partendo da Quarona verso Roccapietra, passando attraverso una cava e incontrando poi i vari punti magici. Tuttavia partendo da Roccapietra verso Quarona il tratto è più breve, soleggiato e bello, e si evita la cava pur senza perdere nessuna delle tappe importanti.




Partendo quindi da Roccapietra, abbiamo cominciato a salire lungo la mulattiera, un po’ scivolosa per via delle foglie secche rimaste dallo scorso autunno. La prima tappa – per me di scarso interesse – è la cappella di Sant’Agostino, a partire dalla quale comincia il bosco ampio, soleggiato e pieno di uccellini.




Superando la zona adibita a picnic e le rovine di un muraglione, si prosegue a destra verso il laghetto, ma prima di raggiungerlo, poco dopo un punto in cui scorrono splendidi rivoli di sorgente, si incontra il grande masso chiamato Sass d’la Baceia. Il Sass d’la Baceia è la prima tappa magica. La baceia è una sorta di recipiente valsesiano di legno piatto dove venivano scelte le granaglie. La pietra, infatti è alta ma piatta, e sulla sua sommità sono presenti diverse incisioni e coppelle che derivano con ogni probabilità dall’epoca celtica o precedente.


Ho pensato di arrampicarmi per vederne la sommità, ma non ho trovato un punto in cui farlo, per cui mi riservo di tentare in futuro. Il Sass d’la Baceia sorge nel mezzo di una torbiera, con a pochi passi le prime zone acquatiche. L’acqua questa volta era molta, e rendeva impossibile visitare i vicini resti del Castello d’Arian, che tuttavia al momento non mi interessava particolarmente vedere.
Uscendo dalla torbiera appare subito il Lago di Sant’Agostino, e con esso la calda luce del sole, che si riflette sulle acque e crea foschie e riverberi quasi accecanti.
Da qui in poi il sentiero si fa stretto, sinuoso e spesso pietroso.


Il lago è lungo circa 300 metri, e il sentiero è perlopiù sopraelevato di alcuni metri. Lo abbiamo percorso con calma, fermandoci anche in un punto in cui è possibile scendere verso l’acqua e sedersi su alcuni massi per godere del tepore del sole.
Proseguendo, il percorso comincia a farsi difficoltoso. Bisogna attraversare un breve tratto di pietraia, ma in poco tempo si raggiunge l’estremo opposto del lago. Qui l’acqua è bassa, e immagino che sia uno dei punti preferiti dai rospi, che possono deporre le uova nelle zone più melmose e adatte alla nascita dei girini.
Da lì il sentiero sparisce e bisogna muoversi su pietraia. Se si è abituati probabilmente è un tragitto che non desta problemi. Per me è stato difficoltoso e ammetto di avere avuto più volte paura. Ho capito che questo genere di escursioni non sono nella mia natura, ma ormai ero arrivata fino a lì, e con qualche tentennamento ho proseguito con pazienza e concentrazione verso la meta che avevo più a cuore.


Finita la pietraia, il suono dell’acqua, nascosta risorgiva del lago, ha rivelato che la destinazione era vicina. Il sentiero è disceso e in pochi passi è apparso lui, il Sass dij Strij e d’Ava Corna, ovvero il Sasso delle Streghe e dell’Acqua Corna.
Si dice che qui le streghe fossero solite riunirsi nelle notti di luna piena per celebrare riti segreti e per operare incantamenti. Il nome stesso della sorgente Ava Corna, ovvero Acqua dotata di Corna, si riferisce alla credenza secondo la quale l’acqua, che scorre proprio sotto le pietre e pare che scaturisca da sottoterra, proverrebbe dagli inferi, ovvero dal luogo in cui il Diavolo, dotato di corna, vive e governa.


Sasso di Streghe e di Acqua infera, dunque, che sorge in quella che viene definita Bunda Tuppa: la Valletta Oscura o la piccola valle buia, da bunda, che significa “valle piccola e stretta”, e tuppa, ovvero “buia, scura”.
In effetti il luogo appare come sospeso, quasi sempre in ombra perché infossato fra le montagne, e il grande masso con l’acqua scrosciante che sgorga da sottoterra suscita una certa inquietudine.
Ammetto che la mia inquietudine era più che altro dovuta al timore della pietraia e al pensiero di doverla ripercorrere per tornare indietro. Questo pensiero non mi ha fatto godere appieno del luogo in cui mi trovavo, ma il suo potere selvatico mi ha dato coraggio, e alcune delicate violette color lilla pallido, che crescevano proprio sul Sass, mi hanno rincuorata. Le tengo nel cuore ancora adesso.



Sembra che anche sul Sass dij Strij siano presenti incisioni e coppelle di epoca celtica o precedente, ma non sapendo dove cercarle, non sono riuscita a trovarle.

Streghe, acque infere e sotterranee, lune piene, vallette oscure e graziose violette, creano una atmosfera che mi incanta, nella quale potere e delicatezza si uniscono, e forse richiamano addirittura una sorta di cammino iniziatico che dalla valle oscura porta a conoscere ciò che si cela e scorre liquido nelle profondità della terra, per poi riemerge sotto ai raggi di sole. Non mi stupisce che le streghe si riunissero in questo posto, anche nottetempo, illuminate solo dai raggi di luna.
Ho cercato di ascoltare il luogo, ma per via delle nuvole che avevo in testa non ci sono riuscita molto. Così ci siamo rimessi in cammino per tornare, e un piede avanti all’altro ho con gioia lasciato la pietraia dietro le spalle.

Mi chiedo come sia raggiungere il Sass dij Strij e d’Ava Corna dall’altro lato, chiederò consigli in merito. Perché sento che questo posto ha ancora tanto da raccontare, e spero di poterlo rincontrare quando sarà davvero il suo tempo.
Chissà, però, se allora ci saranno ancora le delicate violette ad accogliere e rincuorare… o se non sia stato questo, il suo tempo,
con il suo insegnamento ad affrontare ciò che spaventa
e ad avere il coraggio di superarlo.

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Con queste parole Don Luigi Ravelli descrisse il percorso del Lago di Sant’Agostino nel suo noto libro Valsesia e Monte Rosa, la cui prima edizione risale al 1924:

Si prende la ripida strada che s’arrampica su pel monte a ridosso del paese: (…) s’arriva alla Cappella di Sant’Agostino donde, lasciata la strada per Cavaglia e svoltando a destra entro un solco vallivo si giunge alle sponde del lago.
È di pochissimo fondo, da 3 a 5 metri al più, lungo 300 metri circa per 50 di larghezza: in tempo di magra si divide in due laghetti di cui l’inferiore è spesso asciutto. Giace, senza affluente né emissario visibile, in un desolato bacino, solitario come un deserto e muto come una catacomba. Le sue acque nutrono qualche tinca e parecchie sanguisughe: le pietraie che l’attorniano ospitano vipere ed aspidi in quantità.
Sulla sponda orientale del lago e quasi a fior d’acqua si scorge tutt’ora l’apertura del pozzo che somministrava l’acqua al Castello d’Arian. Secondo la leggenda una botte piena d’oro starebbe interrata al fondo del pozzo e qualche anima ingenua ne ha già tentato il recupero. Al di là del lago, presso la Bonda Tuppa, vi è il Sasso d’Acqua Corna, ritrovo di streghe e di spiriti folletti. Sulle sponde limacciose del laghetto la Domenica delle Palme tutti i rospi convengono dal monte e dal piano per rimanervi fino al mercoledì Santo, poco prima che il Pievano incominci la lettura della Passio.


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Questo brano, invece, l’ho trascritto dal cartello presente accanto al Sass dij Strij e d’Ava Corna:

In questa zona denominata Bunda Tuppa, che significa Valle Scura, sotto al grande masso che sembra sbarrare la strada vi è la risorgiva del lago di S.Agostino, che però dopo breve tratto tra le pietraie si inabissa nuovamente per riapparire più in basso nel fondo della valletta.
Il grande masso è chiamato Sass di Strij e d’Ava Corna ovvero Sasso delle Streghe e della Acqua che esce dagli inferi, e secondo la credenza popolare fu luogo di ritrovo nelle notti di plenilunio di streghe e folletti. Vi sono anche incisioni sulla roccia che fanno pensare a un utilizzo per riti celtici.
Numerosi sono in tutta la zona i riferimenti a riti e culti pagani, la valletta, nascosta e silenziosa ma vicina a luoghi abitati ben si prestava a questo scopo.


Fotografia di Giuseppe Novello

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ALBUM FOTOGRAFICO

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Note di Viaggio
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Per raggiungere l’inizio del percorso che conduce al Lago di Sant’Agostino e alle pietre sacre, prendere l’autostrada A26 in direzione Gravellona Toce, uscendo a Ghemme. Proseguire quindi verso la Valsesia dal lato destro del Torrente Mastallone, verso Quarona e Roccapietra. Lasciare la macchina nei pressi del cimitero di Roccapietra e imboccare la stradina asfaltata fino al punto in cui un piccolo cartello indica la salita al lago.
Consiglio vivamente scarpe adatte, ovvero da trekking o hiking leggere, uno zaino al posto delle borse a tracolla e un abbigliamento a strati. I punti soleggiati possono essere caldi, ma certi tratti in ombra sono decisamente freddi, specialmente se tira vento.